Flora ferroviaria, la rivincita della natura sull’uomo di Ernesto Schick


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Epilobium hirsutum L. in una vasca di lavaggio della stazione di Milano Centrale (Foto: Rodolfo Gentili-dettaglio)-Immagine tratta da Natura-Volume 110 (1) 2020

Anche chi non è esperto di piante è in grado di apprezzare la loro capacità di diffondersi ovunque dovuta alle straordinarie facoltà di movimento che possiedono. Stefano Mancuso nei suoi libri ha descritto come esse siano state indagate a partire dalle indagini di W.F.P. Pfeffer (1845-1920), che si servì delle prime riprese fotografiche per dimostrare i movimenti notturni e diuturni delle piante. Questi si distinguono in attivi e passivi: i primi richiedono un consumo di energia e hanno che fare con il cambiamento di turgore delle cellule causato dal flusso osmotico di acqua attraverso le membrane cellulari. I secondi invece, utilizzano l’energia dei fenomeni atmosferici unita al passaggio fornito da qualche animale. Esistono però altri movimenti delle piante che sono indotti dall’attività umana o dalla sua inattività, come nel caso della flora ferroviaria e di quella aeroportuale e che riguardano quelle varietà che si sviluppano in questi luoghi dedicati ai trasporti.

La definizione di flora ferroviaria si deve a Ernesto Schick (1925-1991), un cittadino svizzero, appassionato di botanica, un naturalista per vocazione di stampo ottocentesco, che si dedicò all’osservazione dei fenomeni vegetali che incontrava nel corso della sua attività lavorativa. Aveva frequentato un istituto agrario e poi trovò lavoro nel genio civile, dove in qualità di assistente ai cantieri autostradali, aveva rilevato la trasformazione del territorio, causata dai lavori e dalle macchine che strappavano e asportavano prati e boschi e li sostituivano con cemento. Quando questa si ripeté in occasione della realizzazione della stazione di smistamento di Chiasso, dal 1957 al 1967, egli constatò, dopo poco tempo dalla fine dei lavori, il risorgere della vegetazione in quella che era divenuta “una grigia landa lunare” ed ebbe l’idea di realizzare una monografia su queste piante che tornavano a rinverdire i luoghi antropizzati e prese a disegnarle con grande maestria, dal 1969 al 1978. Non solo molte piante erano rispuntate ma esse resistevano a tutti i tentativi di sdradicarle che le Ferrovie Federali Svizzere ripetevano incessantemente impiegando diserbanti chimici, che Schick stimò in 300 kg per 60.000 litri d’acqua e diserbo manuale, valutato nel solo 1976 in 66 giornate lavorative. Il suo lavoro fu poi raccolto in un bel volumetto, apparso nel 1980 a cura del Credito Svizzero di Chiasso e ripubblicato nel 2010 dall’editore Florette di Chiasso, a cui diede il titolo, sicuramente geniale di Flora Ferroviaria Ovvero la rivincita della natura sull’uomo, in cui raccolse le circa 300 specie che aveva osservato. Successivi studi, effettuati dai ricercatori del Museo cantonale di storia naturale di Lugano, hanno consentito di censire lungo la rete ferroviaria del Ticino, ben 763 specie diverse, pari a circa un quarto della flora svizzera.

  • Equisetum Telmateia EHRH-3.4/25.5.1969-Ernesto Schick-Flora ferroviaria-Edizione Florette-Chiasso-2010
  • Papaver Dubium L.S.L.-27.5.1973-Ernesto Schick-Flora ferroviaria-Edizione Florette-Chiasso-2010
  • Oenothera Biennis L. AGG.-18.6.1978-Ernesto Schick-Flora ferroviaria-Edizione Florette-Chiasso-2010
  • Lythrum Salicaria L.-2.8.1976-Ernesto Schick-Flora ferroviaria-Edizione Florette-Chiasso-2010
  • Epilodium Dodonari Vill.-19.9.1975-Ernesto Schick-Flora ferroviaria-Edizione Florette-Chiasso-2010
  • Iris Pseudacorus L.-18.5.1972-Ernesto Schick-Flora ferroviaria-Edizione Florette-Chiasso-2010
  • Echium Vulgare L.-2.8.1976-Ernesto Schick-Flora ferroviaria-Edizione Florette-Chiasso-2010

La concentrazione di un così alto numero di specie vegetali nelle stazioni e lungo i sedimi dei tracciati ferroviari si deve principalmente a un fenomeno molto semplice, il passaggio di treni carichi di cereali, che a causa degli inevitabili scossoni che caratterizzano il loro movimento, soprattutto nelle stazioni con le operazioni di smistamento, provocano la caduta di qualche seme di questi o delle erbe raccolte assieme. La rete ferroviaria diviene un corridoio ecologico sfruttato dalle piante di tutto il mondo per colonizzare l’Europa, grazie anche ai nutrimenti che provengono da altri carichi trasportati con i carri ferroviari o presenti nei materiali impiegati per la costruzione e la manutenzione del sito. Si tratta per lo più di piante termofile (che amano il caldo), che passano l’inverno sotto forma di seme e spuntano in primavera, ad esempio i papaveri oppure che formano una rosetta nel primo anno di vita e poi un lungo stelo con fioritura nel secondo anno, come la Viperina Azzurra (Echium vulgare L.). Queste specie restano confinate nei tracciati ferroviari quando non trovano i mezzi di trasporto per colonizzare altri siti.

Le osservazioni di Schick sono state confermate anche in Italia da un’indagine condotta nel 2018, da un gruppo di ricerca del Museo di Storia Naturale di Milano su alcune stazioni della città, Centrale, Lambrate e del deposito ferroviario di Milano San Rocco (Ringrazio il Dott. Gabriele Galasso, botanico del Museo, che mi ha fornito le informazioni). Le specie ritrovate sono legate a una grande quantità di habitat: “le massicciate negli spazi tra le rotaie, i bordi e le scarpate lungo i binari, le zone umide che si vengono a formare presso le vasche di lavaggio dei treni…”. Anche qui, nonostante le attività di diserbo, sfalcio e taglio condotti da Rete Ferroviaria Italiana, la flora resiste rappresentando “una biodiversità discreta che interrompe la banalità degli ambienti urbani”. Non potendo qui elencare le tante specie censite, mi limito a riportare dalla ricerca i nomi delle piante che un tempo erano comuni sui bastioni della città o in muretti in pietra e in mattoni e che la razionalizzazione degli spazi urbani sta facendo sparire come l’ Artemisia (Artemisia vulgaris L.), la Sassifraga Tridattila  (Saxifraga tridactylites L.) o la Borraccina Bianca (Sedum album L.).

Un altro ambiente fortemente antropizzato, ma in cui inaspettatamente si rinviene una ricchezza floreale, sono gli aeroporti. A differenza degli scali ferroviari, gli aeroporti hanno ampi spazi verdi che non sono destinati ad attività produttive e vengono solo falciati periodicamente per garantire la sicurezza dei voli, consentendo quindi il mantenimento della biodiversità esistente. Un’ulteriore indagine dei ricercatori del Museo di Storia Naturale di Milano, condotta dal 2010 al 2018 sullo scalo internazionale di Malpensa, ha permesso di censire una flora di 395 tipologie tra specie e sottospecie, pari al 9,35 dell’intera flora lombarda, formata da 318 specie autoctone e 77 alloctone. Ciò ha consentito di dire ai ricercatori che le aree verdi dell’aeroporto possono essere considerate “relitti floristici dell’era postindustriale”.

I risultati raggiunti nelle due indagini hanno portato i ricercatori a concludere che le aree di trasporto viaggiatori potrebbero integrare il servizio di base con un richiamo ai valori bionaturalistici che sono loro propri. I tempi di attesa potrebbero essere impiegati non nella visione passiva di pubblicità martellante e, alla lunga, disturbante ma anche nella proposta del patrimonio naturalistico di questi siti, conclusione alla quale, chi scrive, non può che associarsi.

Abstract

Even those who are not experts in plants are able to appreciate their capacity of diffusion made possible by the extraordinary faculties of movement they possess. Their movements distinguish in active and passive: the former require an energy consumption, the latter instead, use that present in the environment as that of atmospheric phenomena accompanied by the passage provided by some animals. There are, however, other movements of plants which are induced by human activity or inactivity as in the case of railway flora, defined first by Ernesto Schick who published the results of his research in the book Flora Ferroviaria That is the revenge of nature on man, appeared for the first time in 1980.


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