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Si è conclusa lunedì 5 Febbraio a Bologna la cinquantesima edizione di Art Fair, fiera d’arte moderna e contemporanea, giunta alla sua edizione d’oro. La manifestazione era articolata in diverse sezioni: Main Section; Percorso, Fotografia e immagini in movimento, Pittura XXI e Multipli, per un totale di 171 gallerie espositrici.
La Città Vegetale l’ha visitata cercando di scoprire tra i vari stand quelle linee più in sintonia con il suo campo di azione, iniziando col dire che si è vista tanta, tantissima pittura, poca scultura, pochissima ceramica confermando la tendenza, già avvertita di un forte ritorno alla pittura anche figurativa con minor spazio per il concettuale. Poi come al solito accade di scoprire artisti di grande valore degli anni Quaranta, Cinquanta e Sessanta del secolo scorso, che sono stati riproposti nel corso della manifestazione. Si è trattato di un periodo molto felice per l’arte italiana in cui si è assistito alla trasformazione della tradizione artigianale in attività artistica e all’impiego di tecniche di lavorazione di materiali che in alcuni casi diviene pittura scultura e in altri scultura-pittura fissandosi sul supporto della tela, della carta o di altro tipo o passando dal disegno architettonico all’ornato.
Tra questi troviamo Getulio Alviani (1939-2018) presentato da Farsetti Arte di Prato, un artista legato alla sua conoscenza, appresa nelle botteghe artigiane, delle superfici metalliche fresate in acciaio e in alluminio che nelle sue mani divengono “superfici a struttura vibratile”, opere realizzate negli anni 50 e poi esposte all’inizio degli anni 60 a cui sono accostabili i risultati della ricerca portata avanti negli stessi anni dallo scultore Angelo Colangelo (Pescara – 1927) anche se Alviani era riuscito a imporsi a un pubblico più ampio e più è più internazionale.
Sempre per restare nell’ambito della scultura o della pittura-scultura, interessanti sono state le opere esposte da Armanda Gori Arte sempre di Prato che ha portato in mostra lavori di Giuseppe Uncini (Fabriano, 1929 – Trevi, 2008) visibile anche nello stand di Dep Art Gallery di Milano, Walter Valentini (Pergola, 1928 – 2022) e Francesco lo Savio (Roma, 1935 – Marsiglia, 1963), tre artisti che ponevano alla base della loro ricerca l’architettura e le forme architettoniche e direi anche le suggestioni che arrivavano dal mondo dell’edilizia in senso molto ampio.
Sempre per restare all’interno degli anni ’50 e ’60 molto bello era lo stand dedicato a Piero Manzoni da Eidos Immagini Contemporanee di Asti che ha presentato Batuffoli, un suo Achrome del 1960 accompagnato dalle 8 Tavole di accertamento, fotolitografie in 60 esemplari, pubblicate a Milano nel 1962 dall’editore Vanni Scheiwiller con un testo di Vincenzo Agnetti. Si tratta di un’opera molto anomala che avrebbe dovuto fungere da certificazione dell’opera d’arte e come riflessione su alcuni punti nodali dell’actio artis.
Per chiudere con questo periodo la galleria De Foscherari di Bologna ha presentato alcune sculture di Mario Ceroli (Castel Frentano, 1938) degli anni 60, delle piccole scenografie portatili in legno capaci di rappresentare dei paesaggi di grande effetto.
Per venire alla sezione Pittura XXI, ho notato le opere di Pietro Moretti (Roma, 1996), Alice Faloretti (Brescia, 1992), Rudy Cremonini (Bologna, 1981) e Thomas Berra (Desio, 1986) autori tutti presenti nella mostra Pittura Italiana Oggi svoltasi alla Triennale di Milano fino all’undici febbraio di quest’anno.
Un’altra artista, Linda Carrara, di cui ho già parlato qui, anche lei inclusa nella selezione milanese, era presente nella sezione Main Section con una sua personale, a cura della Galleria Boccanera di Trento.
Inoltre, segnalo Chiara Calore (Abano Terme 1994), Mirco Marchelli (Novi Ligure, 1963), Mirko Baricchi (La Spezia, 1970), Marco Emanuele (Catania, 1986), Eric Pasino (Vercelli, 1996).
Si tratta di artiste e artisti molto diversi tra loro ed è certamente difficile esprimere un parere che abbracci l’insieme delle opere presentate ma, al di là della capacità tecnica degli autori, segnalo che nel momento in cui la tematica ambientale sottesa a una serie di opere, dopo alcuni anni, appare ormai coscienza diffusa, inizia anche anche ad avvertirsi una certa stanchezza ed una certa monotonia realizzativa sia nei soggetti sia nell’impiego della pittura come tecnica di riferimento che richiederebbero invece un cambio di passo.