“Cambiare l’acqua ai fiori” di Valérie Perrin. Anche in un cimitero un filo d’erba può farci tornare a vivere.


(Tempo di lettura 4 minuti)
March Chagall-Le porte del cimitero-1917-Centre Pompidou-Parigi

“Cambiare l’acqua ai fiori” è un romanzo della scrittrice francese Valérie Perrin, uscito in Francia nel 2018 e pubblicato in Italia da E/O con la traduzione di Alberto Bracci Testasecca, da qualche settimana ai primi posti nella classifica dei libri di narrativa straniera. È un romanzo di amore, o meglio di amori e di rapporti amorosi e familiari, perché intreccia le storie di quattro coppie: quella della protagonista e voce narrante Violette Trenet e Philippe Toussaint, quella dei genitori di Philippe, quella degli amanti Irène Fayolle e Gabriel Prudent, quella del fratello della madre di Philippe, Luc e di sua moglie Françoise. Accanto a loro due persone sole: Sasha e Celia che aiuteranno la protagonista a ritrovare la propria strada. Potrebbe apparire un romanzo rosa ma si tingerà di giallo e di nero e dei toni di una tragedia greca, perché le passioni che animano i protagonisti e l’incapacità di guardare al di là di queste finiranno per decidere del loro destino.

A far da sfondo agli avvenimenti un luogo molto particolare, un cimitero di una piccola cittadina della Borgogna, Brancion-en-Chalon, di cui Violette e Philippe sono custodi. Il titolo del libro si rifà a un’azione che si compie spesso quando si visita una tomba per mantenere vivi più a lungo dei fiori recisi ma anche alla frase: “Ho ricominciato a cambiare l’acqua ai fiori” che la protagonista impiegherà verso la fine del libro per indicare il suo tornare alla vita, a occuparsi di sé stessa, dopo essere riemersa dal dolore in cui era sprofondata.

Il libro deve il suo successo anche alla capacità della scrittrice di descrivere in modo lieve il luogo di lavoro di Violette, i dialoghi con i suoi compagni di lavoro e gli incontri con i familiari delle persone scomparse che le confidano quello che non viene detto ufficialmente delle stesse, con uno sguardo particolare verso i fiori, gli alberi, le piante e gli ortaggi che ne fanno parte come simboli della vita che si oppongono alla morte.

Eppure, le piante non sono state sempre nei cimiteri perché nel Cinquecento il Concilio di Trento le aveva bandite ed è solo nel diciannovesimo secolo, con l’editto napoleonico di Saint Cloud del 1804, che vietava la sepoltura nelle chiese e stabilì il loro trasferimento fuori dalle città, che essi divengono luoghi in cui si piantano alberi. In particolare: “cipressi, pioppi piramidali, salici di babilonia e qualsiasi albero non fruttifero che non si dirami orizzontalmente” come stabilito da Maria Luigia, moglie di Napoleone, imperatrice dei francesi e Duchessa di Parma (di questa citazione sono debitore alla tesi di laurea del dott. Giovanni Nalin).

Ma i cimiteri non sono tutti uguali e anche quelli europei differiscono tra di loro. Quello di Violette è un tipico cimitière francese “diviso in quattro settori: Allori, Fusaggini, Cedri e Tassi”, a cui si ispirano anche quelli italiani, con un ingresso e un asse centrale e traverse e vialetti e una forte presenza di materiale lapideo separato dagli elementi naturali. Completamente diverso da quelli inglesi che sono invece ispirati al concetto di “cimitero-giardino” e della morte come ritorno alla natura e il cui migliore esempio è quello londinese di Abney Park, fondato ai primi del diciannovesimo secolo come luogo di sepoltura al di fuori della chiesa anglicana ufficiale e arredato con 2500 piante. Oggi esso è il principale giardino botanico d’Inghilterra, una riserva naturale in cui le piante e i marmi delle tombe sono avvinti tra loro, con un centro visitatori e un’aula scolastica.

Anche in Italia, negli ultimi anni, si è sviluppato un certo interesse per i luoghi di sepoltura. La Fondazione Benetton ha attribuito, nel 1995, il Premio Internazionale Carlo Scarpa per il Giardino, alla “Foresta della Memoria” di Stoccolma, un cimitero molto vicino al modello inglese e di cui è possibile leggere qui la motivazione del riconoscimento. Inoltre, si va diffondendo un turismo cimiteriale, riservato per il momento ai principali cimiteri monumentali italiani che spesso sono o contengono vere e proprie opere d’arte.

Tornando al romanzo della Perrin, una delle figure apparentemente minori del romanzo ma che gioca un ruolo importante nella trama è quello di Sasha, il francese di origine vietnamita, divenuto custode del cimitero prima di Violette, che mi ha richiamato alla mente il personaggio di Monsieur Ozu del romanzo “L’eleganza del riccio”, successo del 2007 della scrittrice, anch’essa francese Muriel Barbery, e che la convincerà a prendere il suo posto.

Sasha racconta a Violette del suo orto di settecento metri quadri che ha realizzato nel cimitero e che lavora da vent’anni: “settecento metri quadri di gioia, amore, coraggio, volontà, pazienza” che gli hanno consentito di recuperare la pace interiore dopo la sua tragedia personale. È grazie a Sasha che Violette apprenderà a: “Stare con le mani nella terra e il naso al cielo per fare il collegamento tra i due, imparare che l’una non andava senza l’altro” e a tornare alla vita.“Essendosi spenta la vita principale il vulcano era morto, ma sentivo crescere dentro di me ramificazioni e controviali, sentivo quel che seminavo. Mi inseminavo. Eppure la terra desertica di cui ero fatta era molto più povera di quella del cimitero, era una pietraia. Ma un filo d’erba può crescere ovunque, e io ero fatta di quell’ovunque.”

Un bel libro, da leggere.

Abstract

“Changing the water to flowers” is a novel by the French writer Valérie Perrin, released in France in 2018 and for a few weeks at the top of the ranking of foreign fiction books in Italy. It is a romance of love, or rather of loves and amorous relationships, because it weaves the stories of four couples. It may appear as a romance novel but it will be tinged with yellow and black and with the tones of a Greek tragedy, because the passions that animate the protagonists and the inability to look beyond them will ultimately decide their fate. A very special place as a backdrop to the events, a cemetery in a small town in Burgundy, of which Violette and Philippe are the guardians and the trees, flowers, plants and vegetables that as a symbol of life oppose death.


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