Art Fair ha compiuto 50 anni

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Getulio Alviani – Interrelazione Speculare – Acciaio – 1962

Si è conclusa lunedì 5 Febbraio a Bologna la cinquantesima edizione di Art Fair, fiera d’arte moderna e contemporanea, giunta alla sua edizione d’oro. La manifestazione era articolata in diverse sezioni: Main Section; Percorso, Fotografia e immagini in movimento, Pittura XXI e Multipli, per un totale di 171 gallerie espositrici.

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La Vita e l’Arte per Sara Montani

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Sara Montani – Come ci si muove irrequieti sempre a cercare quel che si è trovato – 1996 – Tecnica mista e chiave – 50×70

Ho incontrato Sara Montani (Milano, 1951) nel suo studio a dicembre, poco prima di Natale, dopo averla conosciuta ad ottobre a Milano Scultura, dove aveva esposto degli abiti irrigiditi nella resina o che avevano lasciato la loro impronta sul plexiglas, in modo da fornire a questi indumenti storicità e una durata nel tempo al di là della loro caducità. Il luogo in cui lavora è la rappresentazione di una lunga carriera, pieno di opere e materiali disposti con ordine. Poiché Sara Montani è un’artista che oltre ad aver lavorato molto si è anche raccontata, con una capacità di autoanalisi non indifferente, nel suo libro d’artista Vivere l’arte pubblicato da Silvana, è possibile cogliere dal suo racconto quelle che sono alcune tracce interpretative della sua attività.

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Buon Natale e Buon 2024

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Sandro Botticelli (1445-1510) – Natività mistica – 108,5×75 cm – Tempera su tela – 1501 –
National Gallery Londra

Ci sono molte interpretazioni di questo opera, poco conosciuta, di Sandro Botticelli e il cui titolo è un’attribuzione recente, dipinta nel periodo in cui a Firenze era forte l’influenza del frate Gerolamo Savonarola, priore del convento di San Marco e di cui l’artista se non ne fu seguace avrebbe avvertito l’influenza che si tradurrebbe in una rinuncia alle regole della prospettiva e in figure spigolose.

A mio avviso l’opera colpisce per la sua singolarità e la sua gioiosità.

Al centro, in quella che non è né una capanna, né una grotta e che potrebbe ricordare quasi la tomba in cui sarà collocato il corpo una volta deposto dalla croce, anche se qui il fondo è aperto in modo da far vagare lo sguardo sul bosco alle spalle, sta la scena della natività con una Madonna che per le sue dimensioni domina la scena . Il Bambino è deposto su una stuoia e Giuseppe, quasi a ribadire il suo ruolo di non protagonista è accovacciato, forse provato dalla stanchezza.

Sulla sinistra i tre re magi sono accompagnati da un angelo che posta nella mano sinistra un ramo d’ulivo. A destra un altro angelo, sempre con un ramo di ulivo, invita dei pastori.

Sul tetto tre angeli sono vestiti con abiti i cui colori simboleggiano la Fede (bianco), la Carità (rosso) e la Speranza (verde).

In alto, di fronte a quella sembra un’apertura (forse del Paradiso), dodici angeli danzano tenendosi per mano. In basso invece tre angeli aiutano altrettanti uomini a rialzarsi mentre ai loro piedi dei demoni fuggono nascondendosi nella terra.

Nella parte alta un’iscrizione, piuttosto oscura, rappresenta forse una concessione alla predicazione del Savonarola. Ciononostante io penso che l’atmosfera di gioia della Natività non sia sparita.

TANTI AUGURI

Il Tempo Perso di Gonzalo Borondo

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Gonzalo Borondo – Tempo Perso – ph Roberto Conte

Consiglio vivamente la visita alla mostra Tempo Perso di Gonzalo Borondo (Segovia, 1989) in corso alla Galleria Tempesta di Milano fino al 1° marzo 2024, il cui titolo va inteso nell’accezione di tempo storico e cioè perduto, trascorso, che ha a che fare con la memoria individuale e collettiva, con l’identità di persone e popoli, con la storia, con ciò che in queste non è più visibile, non è più presente perché mescolato con altri tempi, altri ricordi, altre memorie. Affacciatosi sulla scena artistica come street artist con capacità e peculiarità tutte sue, egli unisce la capacità di controllo scenografica dello spazio a una intensa ricerca sui luoghi, sulle architetture e quindi sul tempo che le opere degli uomini rappresentano. In un momento in cui tutti parlano di ambiente ci ricorda che lo spazio che ci circonda è definito storicamente.

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L’arte delle relazioni di cura ad Artissima 2023

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Samuel Norom – Once in a blue moon – 2023 – african wax print fabric – Credits Primo Marella Gallery

La trentesima edizione di Artissima si è chiusa con i numeri lusinghieri di 34.000 visitatori delle 181 gallerie che hanno portato all’attenzione del pubblico circa 1.500 opere. Il tema della rassegna, Relations of Care, era ispirato a un concetto sviluppato dall’antropologo brasiliano Renzo Taddei, Professore di Antropologia presso l’Universidade Federal de São Paulo in Brasile, un autore molto poco noto in Italia, dove non è stato tradotto alcun suo libro, dedicato a formulare un’ipotesi di superamento delle crisi del nostro tempo, prendendo ispirazione dal pensiero indigeno amazzonico e individuando la cura dell’ambiente e della natura circostante, come elementi fondamentali alla sopravvivenza. Non è stato facile riscontrare lo svolgimento del tema che in molti casi non è stato tenuto in alcuna considerazione. Al termine della visita però, riguardando foto e bigliettini, mi è sembrato emergesse che la sua trattazione fosse legata sì ai soggetti ma soprattutto ai materiali impiegati, per lo più sculture in metallo, resine, legno, tessuti e a poche opere pittoriche, come se questa tecnica fosse oggi meno immediatamente capace di realizzare la trattazione del tema.

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ArtVerona 2023: due premi, due artisti, due scoperte

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Edgardo Mannucci, Piastra, 1965, Alluminio e vetro di Murano

L’edizione 2023 di ArtVerona, svoltasi dal 13 al 15 ottobre, con 130 gallerie presenti, ha confermato che si tratta di un evento molto importante per gli espositori e per il pubblico di collezionisti e non solo che visitano la manifestazione per trovare opportunità di acquisto, incontrare gli artisti già affermati e scoprirne di nuovi. In una manifestazione così ampia è arduo trovare un criterio interpretativo e quindi ho preferito riassumerla, come dice il titolo in: due premi, due giovani artisti, due scoperte.

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Alla Triennale di Milano Siamo Foresta

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Cleiber Bane – Nai Mapu Yubeka – Acrilico su tela – 2022

La FondationCartier pour l’art contemporaine presenta alla Triennale di Milano, fino al 29 ottobre di quest’anno, la mostra Siamo Foresta, curata dall’antropologo francese Bruce Albert. Un grande appuntamento in cui mette in scena un dialogo tra pensatori e difensori delle foreste; tra artisti indigeni – in particolare quelli del Gran Chaco che si trova al nord del Paraguay, al confine con Argentina, Bolivia e Brasile, la zona con il più altro tasso di deforestazione al mondo in cui vivono diciannove comunità indigene e quelli della comunità Yanomami, che vive nell’Amazzonia del Brasile e del Venezuela, minacciati sia dalle attività agricole che dai cercatori di metalli preziosi  – e artisti professionisti non indigeni (Brasile, Cina, Colombia, Francia). Per chi volesse approfondire prima di visitarla o per non potesse, consiglio il sito web della fondazione Cartier che presenta in italiano tutti i contenuti organizzati in maniera tematica, dato che quello della Triennale, al contrario, è veramente scarno. I lettori della Città Vegetale sanno inoltre che già due anni fa avevamo presentato il volume Come pensano le foreste dell’antropologo canadese Eduardo Kohn e come quindi la problematica del rapporto tra esseri umani e viventi, sia un tema ben presente a chi scrive.

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Il paesaggio contemporaneo secondo Michael Jakob

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Ambrogio Lorenzetti – Effetti del Buon Governo in campagna – 1338/1339

Michael Jakob non è un artista ma  insegna Lettere comparate all’Università di Grenoble e Storia e Teoria del paesaggio all’Haute école du Paysage, Ingénierie et Architecture di Ginevra, ha scritto numerosi libri ed è curatore di mostre, in cui affronta i temi del paesaggio in una prospettiva molto ampia. Mercoledì 17 maggio ha tenuto, all’Accademia di Brera, nell’ambito del ciclo di conferenze Human Landscape coordinato dal Prof. Roberto Priod, una bellissima lezione dedicata al paesaggio contemporaneo attraverso una serie di opere artistiche che lo hanno collocato nella evoluzione storica della sua rappresentazione e percezione.  

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Il battito animale di Paola Bartolacci

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Paola Bartolacci – Avorio ed Ebano – 2022 – olio su lino – 100×130 cm

Ancora settant’anni fa la caccia grossa, cioè la caccia ad animali di grandi dimensioni, anche quando non costituivano un pericolo per l’uomo, era considerata un’attività eticamente ammissibile. Oggi invece, il proposito di abbattere un’orsa che ha ucciso un essere umano, viene ritenuto inutile, non necessario e non accettabile.  Allo stesso tempo discutiamo di ridurre i consumi di carne e di fare ricorso a quella sintetica, questa volta più per ragioni ambientali che per motivi di compassione ma, allo stesso tempo, ci avviamo a consumare gli insetti perché meno impattanti ma molto ricchi di proteine. Qualcosa di profondo è cambiato nel nostro senso comune sugli animali, certo anche per la loro maggiore diffusione nelle nostre case e tuttavia, essi restano un enigma su cui continuiamo ad interrogarci, perché non parlano e quindi possiamo basarci solo sul linguaggio del loro corpo e sul loro sguardo per interpretare le loro intenzioni e i loro sentimenti nei nostri confronti. In fondo, più che dalle considerazioni filosofiche di Peter Singer, secondo cui tutti gli esseri e non solo l’uomo provano la  sensazione del dolore, ci sentiamo uniti a loro dal sentimento, che figurativamente trova sede nel cuore.

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Le forme della solitudine nelle opere di Elena Mezzadra

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Elena Mezzadra, Senza titolo, 2002, olio su tela,cm 40×40. (ph. Riccardo Molino

Lo Studio Masiero, una piccola ma valida galleria milanese, ospita fino al 18 aprile una retrospettiva di Elena Mezzadra (1926-2022), intitolata Intersezioni e trasparenze, con dipinti, sculture, grafiche, che non solo attraggono per la bellezza dei colori e delle forme, ma perché inquietano, provocando degli interrogativi profondi sul loro significato. Nella presentazione, Luca Pietro Nicoletti ci fornisce dei criteri interpretativi, parlando di “atto di fede assoluto e radicale alla pittura”, di “titanica solitudine che qui si è trasfigurata in elegante lirismo luminoso”, di quadri che “nascevano dal tracciato di grandi linee, dalla cui intersezione scaturivano poi delle forme e si intravvedevano le possibili sovrapposizioni e trasparenze , con i conseguenti sviluppi narrativi.” Sulla base di queste note la si potrebbe definire un’astratta geometrica ma questo non ci direbbe molto di più sui motivi della sua pittura e sui codici che impiega. Il critico Walter Rosa ha sostenuto di non si trattarsi di pura astrazione geometrica e che per vedere l’altro è necessaria “un’osservazione attenta e prolungata, non fugace”, come quella a cui mi sono apprestato.

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