Lungo il miglio delle farfalle con Lucia Tumiati e Francesca Zoboli

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Francesca Zoboli-Illustrazione del libro Farfalle-Testo di Lucia Tumiati-Ed. Topipittori-2017

Le farfalle sono probabilmente, assieme alle lucciole, alle coccinelle e alle api, tra gli insetti più amati da noi umani. Primo Levi, nel suo libro L’altrui mestiere, sosteneva che “il nostro stesso concetto di bellezza si sia modellato su di loro…Nella nostra civiltà sono <<belli>> i colori vivaci e la simmetria e così sono belle le farfalle” che sono “una vera fabbrica di colori” (naturalmente stiamo parlando di quelle diurne, i rapaloceri, così diverse da quelle notturne, le falene). Al tempo stesso, il loro volare di fiore in fiore è divenuto simbolo di un certo modo di concepire le relazioni sentimentali, cristallizzato da W.A. Mozart nell’aria “non più andrai, farfallone amoroso“ delle Nozze di Figaro, assieme a quello di una vita spensierata e priva di affanni lavorativi. Negli ultimi tempi poi, le farfalle, essendo degli ottimi bioindicatori, sono state associate ai timori connessi ai cambiamenti climatici e all’interazione non lineare di processi atmosferici che il matematico e meteorologo Edward Lorenz sintetizzò nel suo effetto farfalla secondo cui “un battito d’ali di una farfalla in Brasile avrebbe potuto provocare un uragano in Texas”. Frase che, anche se non andava intesa in senso letterale, è divenuta un modo di dire rappresentativo della imprevedibilità delle condizioni atmosferiche, esteso poi ad altri contesti.

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I ritagli dell’Essere eterno negli scatti di Andrea Tirindelli

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Allo spazio Made4art in via Ciovasso 17 a Milano, fino all’11 aprile, è possibile visitare la mostra di fotografia Indicibile di Andrea Tirindelli (Cremona, 1961) assieme ad alcuni scatti della sua rassegna precedente, Oltre il visibile della natura, che era stata allestita sempre nello stesso spazio circa due anni fa. Fotografo amatoriale dall’età di 15 anni con una Kodak instamatic, ebbe la possibilità di allestire in casa una camera oscura con cui imparò a padroneggiare tutti i passaggi fotografici e apprese molti segreti del mestiere da Antonio Persico (1903-1998), esponente storico del Gruppo Fotografico Cremonese. Commercialista nel lavoro, con queste due rassegne, Tirindelli si è deciso ad uscire dalla sua dimensione amatoriale, dimostrando di aver maturato una profonda riflessione attorno ai temi della natura e dell’esistenza, che ha felicemente sintetizzato nelle due raccolte di cui vado a parlare.

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Per Gloria Campriani l’economia soccombe alle trame dell’immaginazione

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Gloria Campriani-Connessioni-Santa Chiara Lab-Università di Siena-2016

Gloria Campriani(Certaldo, 1962) è una fiber artist, un’artista che impiega fibre riciclate per le sue creazioni artistiche. Con le fibre è venuta in contatto sin dall’infanzia nel laboratorio artigianale in cui i suoi genitori producevano maglieria, attività da cui si distacca per dedicarsi allo studio delle lingue e poi per lavorare nella moda con importanti marchi, coltivando però sempre una passione artistica che non dichiara esplicitamente alla sua famiglia. All’inizio vi si dedica nelle ore notturne, prima dipingendo, poi incollando oggetti e infine, nella maturità, impiegando il filo, in un percorso di recupero delle sue origini, sia per realizzare delle sculture tessili sia per sviluppare come regista degli spettacoli a sfondo psicologico in cui il filo è simbolo di relazioni, trame, percorsi che avvolgono gli interpreti e gli spettatori.

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L’arte dal carcere di Zehra Dogan, dedicata alle sorelle Mirabal, al PAC di Milano

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Zehra Doğan-Özdinamik-Auto-dinamica-2017- carcere di Diyarbakir-Penna a sfera, caffè, curcuma, succo di prezzemolo su giornale-67 x 56 cm

Al PAC di Milano, subito prima della ennesima chiusura temporanea, sono riuscito a visitare la sala dedicata a Zehra Dogan, la giovane artista curda di cui sono esposte una serie di opere realizzate durante la detenzione nelle carceri turche, allestita in contemporanea con l’esposizione, ben più ampia, dedicata all’artista e fotografa Luisa Lambri. Questo accostamento la rende ancora più notevole perché, passare dalle sale ampie e luminose, in cui sono esposte le foto dedicate ai giochi di luce sui dettagli di edifici e opere d’arte della Lambri, allo spazio piuttosto raccolto e poco illuminato dello spazio dedicato alla Dogan, ci fa percepire le differenze che continuano ad esistere quando parliamo di ambiente e degli effetti del cambiamento climatico tra chi ha di più e chi ha meno. In particolare, in questo caso, ci rendiamo conto che se tutti viviamo in un mondo con gravi problemi ambientali, degli esseri umani, in particolare i detenuti, in alcuni paesi vivono una condizione ancora peggiore. Per questo motivo torno ad affrontare il problema di cui avevo scritto già ad aprile dello scorso anno.

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Sensibilizzare con la bellezza: le diatomee del progetto Rewild di The Curators Milan

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Rewild prologue: Diatoms in the multivers – Foto Opera Olografica 2 by The Curators Milan

Quale è il modo migliore per sensibilizzare la popolazione e le sue fasce più giovani al tema dei cambiamenti climatici? Alcuni artisti hanno scelto di ricercare nella bellezza dell’ultra-piccolo il modo per creare curiosità e interesse negli osservatori. È il caso del primo appuntamento del ciclo Rewild, Rewild prologue: Diatoms in the multivers, in corso fino al 21 marzo alla Galleria Il Vicolo di Milano e che si snoderà per tutto il 2021 attraverso sei eventi: due dedicati all’acqua (di cui questo è il primo), due alla Terra e uno rispettivamente all’uomo e al futuro. In questo prologo, la scultura Dardo di Ludovico Bomben dialoga con l’ologramma di una diatomea, mettendo in contrasto la fisicità di una lunga freccia in equilibrio su una punta verticale, con la visualizzazione artistica di un essere microscopico di enorme fascino e importanza.

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