La ricerca urbano-vegetale di Maura Tacchinardi  

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Maura Tacchinardi – INCOLTO Rorschach, immagine digitale da ricamo, dimensioni variabili, 2023

Il lavoro di Maura Tacchinardi (Milano 1973) può essere definito inizialmente come realismo urbano-vegetale perché indissolubilmente legato alla città, alle sue periferie, alla vita delle persone che vi abitano, agli spazi di vegetazione che residuano, alle condizioni che rendono possibile vivere in un luogo facendone un’isola. La sua indagine di tipo sociale e antropologico, si fonda sulla convinzione che l’esperienza artistica debba consistere in un’attività trasformativa alchemica basata sulla relazione umana. Nel corso di quella ha accumulato testimonianze, relazioni, ricordi restituiti attraverso testi, fotografie, disegni, ricami, dipinti, che oggi evolvono nella messa a punto di un nuovo segno espressivo. 

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Leonardo Ulian e la spiritualità dei microchip

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 Leonardo Ulian , Techno Atlas – 010 (pentagon), 2022,
Electronic components, silver copper wire, varnish, solder, gesso, mdf , Diptych 117x230x5 cm | 46×90½x1¾ inches. Each artworks 111x117x5 cm

Mentre la cosiddetta digital art sembra incontrare un favore crescente, anche se temo che gli NTF, Non Fungible Token in campo artistico, potrebbero rivelarsi un fenomeno bolla, ci sono artisti, come Leonardo Ulian (Gorizia, 1974), di cui si è appena conclusa la mostra Shapes of Worlds of Shapes alla galleria The flat di Massimo Carasi a Milano, che preferiscono navigare in direzione contraria, impiegando l’hardware, che pure è alla base del digitale, per realizzare la propria arte. Mettendo al primo piano l’artista e non la tecnologia, egli fa ricorso alle più piccole parti che compongono un computer: chip, transistor, diodi, creando mappe del mondo e dei suoi componenti nascosti, mettendo in evidenza la loro natura magica, alchemica, infantile da cui promana un messaggio filosofico, psicologico, spirituale che hanno attratto l’attenzione di alcuni grandi della tecnologia come OpenAI e Facebook e di collezionisti USA.

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Mineur Mineur, i bambini minatori di Bertille Bak

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Bertille Bak – Mineur Mineur – 2022 – 5 video simultanei – 14 minuti – Courtesy Fondazione Merz – Photo Andrea Guermani

Si basa su un gioco di parole il titolo della nuova personale dell’artista francese Bertille Bak (Arras, 1983), in corso a Torino alla Fondazione Merz fino al 22 maggio di quest’anno. Mineur in francese vuole dire minore ma anche minatore e quindi Mineur Mineur si traduce come Minore Minatore, cioè Bambino Minatore e infatti la mostra ci parla del lavoro minorile nelle miniere di cinque paesi: India (carbone), Indonesia (stagno), Tailandia (oro), Bolivia (argento) e Madagascar (Zaffiri). Ma se invece traduciamo il termine semplicemente come minatore, otteniamo Minatore Minatore, a indicare uno di quegli uomini divenuti anziani dopo una vita trascorsa in miniera, perché anche di questi ci parla l’esposizione e infine, la ripetizione dei due termini diventa quasi un’esclamazione, un’invocazione alla figura del minatore di cui si vogliono cantare le gesta o più semplicemente la storia.

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A Ngaren, il Museo dell’Umanità, l’arte avrà un ruolo fondamentale.

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Ngaren Masterplan-Artist’s impression of the Orientation hall at Ngaren By Davide Bonadonna

La Città Vegetale si era occupata di Ngaren (L’inizio), il Museo dell’Umanità ideato dal paleoantropologo Richard Leakey, all’inizio di ottobre dello scorso anno. Torniamo sull’argomento perché è stato ultimato e diffuso il masterplan finale del progetto che delinea la fisionomia e il cronoprogramma dell’iniziativa. Il museo sorgerà nei pressi di Nairobi, capitale del Kenya, dove Leakey ha condotto le sue ricerche sull’origine della vita, nel corso delle quali, nel 1984, nei pressi del lago Turkana, era stato ritrovato lo scheletro completo di un ominide morto a 10 anni e risalente a 1,6 milioni di anni fa, denominato poi Ragazzo di Turkana. La realizzazione del museo, con una superficie di circa diecimila metri quadri, richiederà cinque anni (l’apertura è prevista per il novembre del 2026) con un investimento di cento milioni di dollari. A regime i visitatori dovrebbero essere un milione l’anno. Ngaren ambisce ad essere non solo il principale e più innovativo museo del continente africano ma anche a rappresentare al tempo stesso un primo esempio di museo del futuro. Di questo ho parlato con Federica Crivellaro, paleoantropologa e consulente del progetto per lo sviluppo dei contenuti e delle esposizioni.

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