Spore e Metaspore tra Torino e Milano, le mostre di Carlo Steiner e Anicka Yi


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Anicka Yi – Biologizing The Machine (terra incognita), 2019 -Vetrine in acrilico, acciaio verniciato, terra di Venezia, carbonato di calcio, tuorli d’uovo, cellulosa, PCB personalizzato, sensori di gas – Dimensioni variabili – Courtesy l’artista, Gladstone Gallery, New York e
Bruxelles, e 47 Canal, New York – Foto Renato Ghiazza

A Torino, alla galleria Gagliardi e Domke Contemporary, fino al 19 maggio e a Milano al Pirelli HangarBicocca, fino al 27 luglio, sono di scena rispettivamente le Spore di Carlo Steiner (Rieti, 1957) e le Metaspore di Anicka Yi (Seoul, 1971). Due mostre molto diverse, accomunate dalla presenza nel titolo e in sala delle spore, cioè di una forma di vita che nel regno vegetale e nei funghi, di cui si occupa Steiner, serve alla riproduzione, mentre nei batteri, a cui è più interessata Anicka YI, è impiegata a mantenere in vita una specie allorquando le condizioni ambientali sono avverse, restando in uno stato latente, fino al momento in cui trovano un substrato giusto per far ripartire il processo di germinazione. Pur trattandosi di tecniche diverse, pittura per Steiner, scultura per Anicka Yi, le mostre trattano dell’intervento dei processi naturali, a livello microscopico, nel lavoro artistico e di quale sia il ruolo dell’artista.

Carlo Steiner ha al suo attivo un percorso di confronto con i materiali naturali e con la loro trasformazione e rappresentazione. In Neve (2005), i fiocchi di neve diventavano bulloni su cui erano saldati pezzi di ferro rivettati con avvitati dei dadi ad alette di diverse dimensioni. Invece in Cell (2007), degli alveari di vespe diventavano delle casse acustiche per la diffusione di un brano musicale. Infine, con Farfalle (2005), con una miscela di acqua e farina produceva delle ostie a forma di farfalla, insetti dalla vita precaria come il materiale di cui erano fatte e che in grandi numeri, come del resto gli elementi che formano gli esseri, venivano impiegate come mattoni per costruire muri, imballaggi, installazioni, oppure semplicemente per essere date in pasto i pesci come nel video Epoché (2007), reinserendosi nel ciclo vitale.

Con Spore, Steiner impiega invece il rilascio delle spore da parte dei funghi, come tecnica pittorica, affinata nel corso di un decennio. Raccolti direttamente i funghi nei boschi, li priva del gambo e li depone su una griglia metallica, al di sotto della quale c’è una lastra di vetro su cui, dopo un certo numero di ore, si depositano le spore dei funghi che hanno un diverso colore a seconda della specie e che colorano così la superficie vetrata. Il processo però ha una sua variabilità perché le spore non cadono in perpendicolare e bastano minime correnti d’aria per modificarne la traiettoria. Per questo e per controllare il processo pittorico ha introdotto delle dime di cartone che convogliano le spore all’interno di forme prestabilite, ottenendo geometrie colorate che spesso ricordano le opere di Rothko del periodo classico. Tutta l’opera è realizzata mediante la colorazione naturale e spontanea delle spore. Per Steiner questa è una tecnica pittorica che sarà approfondita negli aspetti estetici quindi nella ricerca di nuove sfumature di colore e di nuove forme.

  • Carlo Steiner - N.° 118
  • Carlo Steiner - Dima N.° 15
  • Carlo Steiner - Dima N° 9 bis
  • Carlo Steiner - Dima N.° 12

Le Metaspore di Anicka Yi raccolgono, invece, opere realizzate nel corso di oltre un decennio, sviluppando un percorso originale che ha incrociato arte e scienza e investigato tra la “possibile ridefinizione di umano e non umano, tecnologia e biologia, naturale e sintetico”. Al centro della sua riflessione l’affermazione di un’identità basata sull’olfatto e sui processi a cui esso è connesso, come: annusare, mangiare, digerire. Il cibo tradizionale coreano, in particolare il Kimchi, ancorché molto apprezzato, è ottenuto a partire da verdure fermentate in salamoia, che hanno un odore definito nauseante a causa dell’azione dei batteri e dei funghi che provocano la fermentazione.  L’artista, nata a Seoul ma trasferitasi bambina negli USA con la sua famiglia, ricorda che la sua casa veniva etichettata come un luogo maleodorante e quindi il senso dell’olfatto viene associato a “vergogna o rifiuto”. La ricerca di Anicka Yi si concentra pertanto attorno agli odori e ai profumi, alle particelle olfattive invisibili che li formano e che li rendono percettibili, scolpendo l’aria all’interno della quale sono veicolati. Questo dà luogo a un varietà di forme all’interno delle quali sono contenute le fragranze, di oggetti impiegati per diffonderle, di materiali per realizzarli che non è facile descrivere e che richiedono una visita approfondita della mostra con l’ausilio dei mediatori culturali di cui ci si può avvalere. In particolare, da questo punto di vista sono significative opere come Skype Sweeter (2010) in cui un paracadute gonfiato da un getto è circondato da tre plinti su cui poggiano: una borsa Longchamp trasparente contenente interiora di vacca e gel per capelli, una busta di plastica fritta in tempura e un parallelepipedo di sapone che ingloba tubi di gomma e rasoi, evocando la respirazione e la digestione. Oppure Le Pain Symbiotique (2014), in cui all’interno di una cupola trasparente in PVC, su un pavimento di impasto di pane e glicerina ci sono dei piedistalli su cui sono proiettate immagini al microscopio di microrganismi in movimento, responsabili della lievitazione ma anche dei processi di trasformazione della materia.       

  • Anicka Yi - Biologizing the Machine (spillover zoonotica) - 2022 - Veduta dell’installazione, Pirelli HangarBicocca, Milano, 2022Commissionata e prodotta da Pirelli HangarBicocca Milano - Courtesy l’artista e Pirelli HangarBicocca Milano - Foto Agostino Osio
  • Anicka Yi - Biologizing the Machine (spillover zoonotica) - 2022 - Veduta dell’installazione, Pirelli HangarBicocca, Milano, 2022Commissionata e prodotta da Pirelli HangarBicocca Milano - Courtesy l’artista e Pirelli HangarBicocca Milano - Foto Agostino Osio
  • Anicka Yi - Skype Sweater, 2010/2017 - Veduta dell’installazione, Pirelli HangarBicocca - Milano, 2022 - Courtesy l’artista, 47 Canal, - New York, Gladstone Gallery e Pirelli HangarBicocca, Milano - Foto Agostino Osio
  • Anicka Yi - Le Pain Symbiotique, - 2014 (particolare) - Veduta dell’installazione, Pirelli HangarBicocca, Milano, 2022 - The Museum of Contemporary Art, Los Angeles - Gift of Chara Schreyer - Courtesy l’artista e Pirelli HangarBicocca, Milano - Foto Agostino Osio
  • Anicka Yi - Le Pain Symbiotique - 2014 - Veduta dell’installazione - Pirelli HangarBicocca - Milano, 2022 - The Museum of Contemporary Art, Los Angeles - Gift of Chara Schreyer - Courtesy l’artista e Pirelli HangarBicocca, Milano - Foto Agostino Osio

La ricerca dell’artista si fa però antropologica quando considera l’odore come collegato alla identificazione degli esseri umani, alla igiene della persona e ai processi di sanificazione. Opere come New York’s A Bitch, But God Forbid The Bitch Divorce You (2014), in cui aprendo due sportelli di lavatrici industriali è possibile annusare degli odori oppure come in cinque opere del 2015, nate sulla scorta del timore dell’epidemia di Ebola, con padiglioni come camere di isolamento in cui in ognuna è possibile percepire odori ottenuti in modo diverso. Ad esempio, quello realizzato mediante campioni batterici di cento donne, che evoca il metodo impiegato nel libro Il Profumo di Patrick Suskind, contrapposto a quello raccolto nella galleria Gagosian di New York mettendo in contrasto il mondo femminile, “accomunato dall’idea di intimità e di unione”, con quello patriarcale della galleria d’arte.  In Immigrant Caucus del 2017, la fragranza è ottenuta mescolando il sudore di donne asiatico-americane con le emissioni delle formiche carpentiere. In questo modo l’artista vuole farci riflettere su quanto l’odore che percepiamo sia dovuto alla paura dell’altro.

Infine, una serie di opere come: Bacteria Photograph (2015), Lung Condom (2015), Embassy Row (2015), solo per citarne alcune, mostrano colture di batteri di diverso colore e quindi l’effetto estetico di questo mondo microscopico.

Per l’esposizione di Milano è stata poi realizzata Biologizing the Machine (spillover zoonotica), sette strutture rettangolari in vetro e metallo in cui all’interno ci sono colture di Vinogradskij, batteri del suolo e alghe, che disegnano nel loro evolversi, dei paesaggi o dei motivi astratti.   

In conclusione, due mostre che pur nella loro diversità ci fanno riflettere sui mondi che ci circondano e che non conosciamo, mentre siamo alla ricerca di specie provenienti da altri pianeti, la nostra Terra è piena di alieni: spore, batteri, virus, insetti organizzati come società complesse che invece dovremmo conoscere meglio. L’arte, prendendo a riferimento la scienza e la conoscenza di processi naturali, sollecita alla riflessione sui rapporti tra esseri umani e ambiente e tra esseri viventi.

Spore and Metaspore between Turin and Milan, the exhibitions of Carlo Steiner and Anicka Yi

In Turin, at the Gagliardi and Domke Contemporary galleries, until 19 May and in Milan at the Pirelli HangarBicocca, until 27 July, the Spores by Carlo Steiner (Rieti, 1957) and the Metaspores by Anicka Yi (Seoul, 1971) are on stage respectively. Two very different exhibitions that make us reflect on the worlds that surround us and that we do not know, so while we are looking for species from other worlds, our Earth is full of aliens: spores, bacteria, viruses, insects organized as complex societies and responsible for colors and odors that we perceive.


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