Una rosa sullo scrittoio. Il “Viaggio intorno alla mia camera” di Xavier de Maistre


(Tempo di lettura 4 minuti)
Carolineee1991-Dried Rose- CC BY-SA

Oggi molti di noi rivivono lo stato d’animo in cui si trovava lo scrittore, pittore e uomo d’armi, Xavier De Maistre, al termine del suo “Viaggio intorno alla mia camera”, il diario dei 42 giorni di reclusione nella sua stanza di 16 metri a Torino, a cui era stato condannato per la partecipazione a un duello non autorizzato. Giunto alla fine della sua quarantena, alla sua Fase 2, egli era combattuto tra il desiderio di essere libero e poter finalmente uscire e il timore di tornare a una vita di obblighi e di doveri. Naturalmente sapeva che, come noi, avrebbe scelto di tornare alla normalità: “un potere segreto mi trascina e mi dice che ho bisogno dell’aria e del cielo e che la solitudine rassomiglia alla morte”.

La vita di De Maistre è stata, del resto, la rappresentazione di questo conflitto interiore. Nato nel 1763 a Chambéry, in Savoia, da una famiglia nobile e fratello minore del più noto Joseph, che fu diplomatico e filosofo, fu avviato alla carriera militare. Nel 1799, a causa della sconfitta dell’esercito sabaudo da parte delle armate francesi, raggiunse l’esercito russo, ai cui destini legò la sua vita. Giunto a Mosca si congedò e aprì uno studio di pittura dove si fece apprezzare per i suoi ritratti, tra cui quello di Pushkin a quattro anni. Rientrato nell’esercito partecipò a numerose campagne militari fino al 1816. Fino alla sua morte, avvenuta nel 1852, scrisse racconti molto apprezzati tra cui ”I prigionieri del Caucaso”, dipinse ed ebbe una intensa attività epistolare con i personaggi del suo tempo.

Xavier de Maistre – A .S. Pushkin a quattro anni – Museo di stato di San Pietroburgo

Non è un caso, quindi, che il suo viaggio immaginario dentro i confini della propria camera torinese, contenga già tutti i motivi della propria vita. Innanzitutto i temi della sua pittura che ritroveremo nei dipinti. “Felice colui che…non è costretto a fare dei quadri per vivere, che dipinge solo per passione…E felice ancora il pittore che l’amore del paesaggio spinge a passeggiate solitarie, che sa esprimere sulla tela il sentimento di tristezza ispiratogli da un’oscura foresta o da una campagna deserta! Le sue opere imitano e riproducono la natura…”.

Xavier de Maistre – La partenza

Anche le stampe che decorano i muri della sua camera esprimono la sua visione romantica del mondo. Nella prima c’è “l’infelice Carlotta, che pulisce lentamente e con mano che trema, le pistole di Alberto” con cui poi si suiciderà il giovane Werther. Poi, dopo la stampa che raffigura il dramma del Conte Ugolino, si trova quella che rievoca il sacrificio del cavaliere D’Assas, capitano del reggimento francese dell’Auvergne, trafitto dalle baionette inglesi nel 1760. E poi un quadro di una pastorella con gregge, forse opera omonima di Claude Joseph Vernet (1714-1789), abitante di un luogo aulico in cui però sta per arrivare “il demone della guerra”. Infine l’autoritratto di Raffaello, per il quale si sente “penetrare da un rispetto quasi religioso per quel grand’uomo che nel fiore dei suoi anni, aveva sorpassato tutta l’antichità…”. A fianco quello della sua amante, la Fornarina, che non si sarebbe resa conto di stringere tra le sue braccia “il favorito della natura, il padre dell’entusiasmo, un genio sublime, un dio” provocandone la morte, secondo la leggenda, a causa di eccessi amorosi.

Ma è l’amore per l’immaginaria madame de Hautcastel, l’altro grande tema del viaggio nella sua camera. Giunto alla sua scrivania, vi trova una rosa secca, un soggetto su cui dovrebbe “scrivere un capitolo, se il soggetto ne valesse la pena”. Si tratta di “un fiore di carnevale dell’anno scorso”, che aveva colto nelle serre del Valentino, e che aveva offerto a lei, “la sera prima del ballo, pieno di speranza e dolcemente emozionato”: Lei l’aveva preso e messo sulla sua toilette senza guardarlo e senza rivolgergli uno sguardo, dato che era troppo impegnata nell’acconciatura dei suoi capelli di fronte allo specchio. Xavier, rassegnato, aveva pensato di aiutarla, offrendole le spille che le erano necessarie, ma lei non faceva differenza tra quelle poste su un carrello e le sue, perché sceglieva quelle che le erano, di volta in volta, più vicine. Allora aveva preso un secondo specchio per porlo dietro di lei, perché potesse vedere cosa accadeva al retro della sua acconciatura, ottenendo però l’unico risultato di osservare il riflesso di “una serie di civette, nessuna delle quali faceva attenzione a me”.

Xavier sa che è davanti allo specchio che l’Amore “affila i suoi colpi e medita le sue crudeltà…si esercita ai dolci sguardi, alle mossettine, agli ammiccamenti sapienti…” e si ingelosisce. Al suo cospetto, lui e la sua rosa facevano una magra figura e allora, preso dalla collera, uscì dalla stanza, ricevendo come attenzione un misero “Te ne vai?” per poi ascoltare, da dietro la porta dove si era fermato per carpire qualche sua reazione, che le preoccupazioni della sua amata, rivolte alla cameriera, non erano per lui ma solo per il suo copribusto.

Ma come mai quella rosa, ormai secca, si trovava allora sul suo scrittoio? Egli non ce lo rivela, perché è ancora piccato per quell’avvenimento, che evidentemente, a distanza di un anno, non ha trovato riparazione. Amante deluso, non vuole fare riflessioni sugli avvenimenti della rosa secca, né considerazioni generali sugli affetti femminili. Si limita a offrire quanto scritto ai suoi lettori, “senza indirizzarlo e raccomandarlo a nessuno” perché ognuno ne tragga le conseguenze che ritiene più opportune, ma con un unico avvertimento per gli uomini: “mettetevi bene in testa che in un giorno di ballo la vostra amante non sarà più vostra.”


2 pensieri riguardo “Una rosa sullo scrittoio. Il “Viaggio intorno alla mia camera” di Xavier de Maistre”

  1. Appassionante rilettura di una visione romantica che non ci piace abbandonare e indugia nei cuori di molti, per consolare la dolorosa delusione che sopraggiunge quando il sentimento non è corrisposto.

    Bello!

  2. Ho molto apprezzato il passaggio, che mi trova in completa sintonia, in cui l’autore afferma:
    Felice colui che ….non è costretto a fare dei quadri per vivere, che dipinge solo per passione………

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