Cucire gli opposti. I Paesaggi Improbabili di Stefania Beretta


(Tempo di lettura 4 minuti)
Stefania Beretta-paesaggi improbabili #07-2013_c–print + cucito 52×65 -©stefaniaberetta

Alla Galleria Consarc di Chiasso è in corso e resterà aperta fino al 24 dicembre, la mostra “Paesaggi Improbabili-Religamen” della fotografa svizzera Stefania Beretta (1957), un’artista che ha al suo attivo una lunga carriera e numerosi riconoscimenti a livello internazionale. La rassegna dovrebbe trasferirsi dal 16 gennaio del prossimo anno a Genova, alla galleria Sharevolution ma, non potendone essere certi data la situazione, ne ho nel frattempo parlato al telefono con l’artista. Le opere, fortunatamente, sono visibili sia sul suo sito web che su quello della Galleria.

La serie dei “Paesaggi Improbabili” è, in estrema sintesi, un omaggio all’acqua e agli alberi, due elementi indispensabili per la nostra vita. Le foto rappresentano grandi paesaggi, per lo più in bianco e nero, tecnica che la Beretta predilige, senza esseri umani. A queste scene di mare, laghi, terre alluvionate e vegetali, l’artista ha aggiunto delle cuciture, che formano linee, colori, figure, soggetti, rendendo questi paesaggi per l’appunto “improbabili” ma non impossibili, perché esistono anche se modificati.

Stefania Beretta è divenuta fotografa per caso. Avrebbe voluto diventare architetto o insegnante di ginnastica ma non si sentiva abbastanza sicura negli studi e scelse, tra quelle possibili che le elencava quasi per gioco una sua amica, la professione di fotografa. Ha appreso una solida tecnica al fianco di un fotografo locale che realizzava foto per passaporti e matrimoni e poi con successivi studi. Ha poi interpretato questa attività secondo una propria visione del mondo che la fa sentire attratta da tutto ciò che viene rifiutato, scartato, da ciò che non si vuole vedere, ribelle a ciò che non ci fa scoprire le differenze e ci fa presumere di vivere in una realtà uguale per tutti, anche se ognuno di noi ha una sua visione. Nel 1982 ha fatto il primo viaggio in India, dove torna da allora ogni anno, attratta dall’impronta spirituale che rende unica quella realtà e dove realizza dei reportage visibili sul suo sito web.

Prima di giungere alle cuciture, Stefania Beretta interveniva già sulle sue foto, elaborando ciò che era stato impresso sulla pellicola, accentuandone gli aspetti che la emozionavano maggiormente e che voleva comunicare, “sporcandola” con la matita grassa o con l’acido. Memorabile da questo punto di vista è il suo grande lavoro “In Memoriam”, del 2006, dedicato ai boschi bruciati, in cui usa l’acido fino quasi a fare la stessa cosa con la pellicola e riesce a darci la sensazione del fumo, del disastro provocato dall’ incendio. Immagini che vorremmo buttarci alle spalle e che lei invece rende permanenti, indelebili perché, citandomi una frase della critica Martina Corgnati: “…chi guarda deve scomodarsi ad entrare per incontrare un mondo dimenticato nel fondo del male che il nostro continente edonista ed egocentrico allontana di continuo, confinandolo in angoli sprofondati, più oscuri del nero. Chi guarda deve entrare e chi entra deve attendere, esplorare, voler vedere. Deve stare magari anche male. Osservando, forse così, che arte …è ancora una maniera importante per toccare il mondo fra i lembi delle ferite aperte”.

Ha iniziato a realizzare le cuciture sulle sue foto nel 2006, durante un soggiorno a Londra, dove aveva conosciuto un artista che realizzava delle statue amorfe su cui cuciva delle extension. Dapprima a mano, successivamente ha imparato a cucire a macchina. Da un punto di vista tecnico le cuciture vengono realizzate su carta e su tela che vengono poi fotografate nuovamente. Le foto esposte in mostra a Chiasso sono state realizzate dal 2006 al 2020 e cucite negli ultimi tre anni.

Ma, al di là dell’occasione, la realizzazione delle cuciture ha risposto a delle motivazioni profonde. Da un lato ha rappresentato una reazione allo sviluppo della foto digitale che ha investito il mondo delle immagini e che rischia di renderle tutte uguali. Con la cucitura, la foto torna unica, acquisendo inoltre una sua tridimensionalità che la rende esplorabile da un punto di vista tattile, aggiungendo la sua fruizione mediante un altro senso. Dall’altro, con la cucitura, il sentimento dell’artista nei confronti dell’immagine, si materializza e si posiziona nel mondo fisico, anche se in modo più o meno interpretabile. A volte le linee della cucitura procedono senza voler raffigurare qualcosa di preciso, come in una scrittura automatica, unendo casualmente dei punti e scoprendo poi un possibile significato, altre volte invece, intervengono per aggiungere, prolungare, colorare, altri motivi.

Ma poiché cucire vuol dire unire due parti, due oggetti, due materiali, ecco allora spiegata la seconda parte del titolo della mostra, “Religamen”, termine complesso e attinente al sentimento e all’attività religiosa, e che, per Stefania Beretta, esprime il legame con la sua spiritualità, con la sua intimità, con questi aspetti del suo percorso.

Del resto, cucire, anche a macchina, se ripenso a mia madre, richiede concentrazione, raccoglimento, è un momento di isolamento, quasi terapeutico. Cucendo, l’artista lega parti di sé all’immagine, unisce gli opposti della propria esistenza materiale e immateriale, di cui parla la critica Viana Conti nella sua presentazione della mostra: natura e cultura, vita e pensiero, istante e memoria. Ma con il suo lavoro Stefania Beretta aggiunge la tensione tra altri due poli della nostra esistenza: quelli di obbedienza e libertà. La prima rappresentata dalla fotografia in quanto tale, dalla simulazione che la realtà sia unica e uguale per tutti, la seconda incarnata dalla volontà di forzare la realtà, di aggiungere la propria visione, di renderla visibile “sporcando” la foto, fedele agli ideali della sua vita.

  • Stefania Beretta - paesaggi improbabili #87_ 2018_injekt-print+cucito 50x65cm _©stefaniaberetta
  • Stefania Beretta- paesaggi improbabili #82-2018 inkjet print+cucito 42x55_©stefaniaberetta
  • Stefania Beretta - paesaggi improbabili #97_ 2018_silver-print+cucito x28x35cm _©stefaniaberetta
  • Stefania Beretta - paesaggi improbabili #61-2017_inkjet print+cucito 40x50_©stefaniaberetta
  • Stefania Beretta -In memoriam - 2006_©stefaniaberetta
  • Stefania Beretta - Paesaggi improbabili #07-2013_c--print + cucito 52x65_©stefaniaberetta

Abstract

Stitching the opposites. The Improbable Landscapes by Stefania Beretta

The series of “Improbable Landscapes” by Swiss photographer Stefania Beretta is a tribute to water and trees, two essential elements for our life. The photos represent large landscapes, mostly in black and white, a technique Beretta prefers, without human beings. To these scenes of sea, lakes, flooded lands and vegetables, the artist has added stitchs, which form lines, colors, figures, subjects, making these landscapes “improbable” but not impossible, because they exist even if modified. By stitching, the artist materializes and positions his feelings in the physical world but above all he binds parts of himself to the film, uniting the opposites of his own material and immaterial existence.


2 pensieri riguardo “Cucire gli opposti. I Paesaggi Improbabili di Stefania Beretta”

  1. La recensione, su “La Citta Vegetale”, di Fabrizio De Fabritiis della mostra personale “Stefania Beretta – Paesaggi Improbabili – Religamen”, alla Galleria CONSARC di Chiasso, diretta da Daniela e Guido Giudici, analizza con sensibilità l’opera fotografica – prevalentemente in bianco e nero, ma attraversata da tracce di cuciture di fili di seta colorati – dell’artista svizzera alla luce della sua interiorità e delle sue scelte di vita. Si ricuciono così, nella lettura del critico, la biografia e il linguaggio, la componente visuale dei paesaggi liquidi della mostra e quella riflessivo-contemplativa.

    1. Gentilissima Viana Conti, grazie del tuo prezioso commento che la Città Vegetale è onorata e felice di ospitare

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