Per Barbara De Ponti l’Arte deve ispirarsi alla Scienza


(Tempo di lettura 4 minuti)
Barbara De Ponti, Clay Time Code, Museo Civico di Scienze Naturali Malmerendi, 2016-2 ph Maki Ochoa

Per sintetizzare il lavoro di Barbara De Ponti (Milano-1975) si potrebbe dire che esso si è concentrato, finora, sui grandi temi dello spazio e del tempo e si è concretizzato in una serie di eventi denominati “Planning Costellation” (2009), “Speaking Things” (2009), “La luce naturale delle stelle” (2012), “To identity” (2015), tutti ben illustrati nel piccolo volume “Isolario-appunti geografici sull’opera di Barbara De Ponti” (a cura di Alessandro Castiglioni-Postmediabooks) e poi “Clay Time Code” (2016) e “Forma mentis” (2018), di cui potete vedere delle immagini a fine articolo. Non descriverei però compiutamente la sua indagine, se non parlassi del retroterra culturale e metodologico che la sorregge e che inquadra il suo lavoro.

“Noi siamo i nostri incontri” ha insistito nel corso del nostro colloquio telefonico. Alcuni particolarmente salienti, come quello con l’insegnante delle medie che la indirizza verso un liceo scientifico molto particolare, l’Istituto d’Arte Beato Angelico di Milano, in cui ha potuto studiare materie scientifiche e artistiche. Oppure quello con Gottardo Ortelli che, quando era a Brera, dove si è diplomata in pittura, teneva il corso di Pittura Analitica, durante il quale ha avuto la possibilità di approfondire la riflessione sull’arte e sulla figura dell’artista. La prima da intendere come ricerca e la seconda come ricercatore che, sui grandi temi, cerca le risposte nella scienza e negli scienziati impiegando quel metodo interdisciplinare proprio della ricerca scientifica che mette assieme competenze diverse per giungere a dei risultati.  

Una consapevolezza che va al di là dell’intuizione delle scoperte scientifiche di cui gli artisti sono in un certo senso dotati e che consente loro di poter fiutare le tematiche e le soluzioni. A tal proposito il libro del neuroscienziato e premio Nobel Eric R. Kandel “Arte e neuroscienze” (Cortina-2017) illustra molto bene i rapporti tra l’arte astratta americana degli anni Quaranta e Cinquanta e le neuroscienze: “gli scienziati usano il riduzionismo per risolvere un problema complesso, mentre gli artisti lo sfruttano per suscitare una nuova risposta emotiva e percettiva in chi guarda”. Del resto, se secondo Martin Heidegger “Fenomeno è un modo eminente di incontrare qualcosa”, probabilmente l’artista e lo scienziato sono dotati della stessa visione e possono restare folgorati allo stesso modo quando un’immagine appare ai loro occhi e alla loro mente.

Se lo spazio e il tempo rappresentano da sempre i temi dell’arte, oggi essi, per Barbara De Ponti, acquistano un particolare rilievo perché è necessario rendere consapevoli gli esseri umani della loro posizione e delle loro responsabilità in questo spazio e in questo tempo. In questa contingenza però, il discorso non può essere portato avanti solo dall’artista che invece deve saper ricorrere alla collaborazione di specialisti, come Flavio Peri, conservatore del Planetario di Milano, in occasione dell’opera “La luce naturale delle stelle”, formata da led luminosi installati sulla cupola dell’edificio e da un’installazione sonora con cui ha ricreato le costellazioni presenti nel cielo di Milano il giorno dell’equinozio di primavera. Oppure come il geologo Luca Santucci che ha fornito la sua consulenza per il progetto “Clay Time Code” in cui sono state realizzate con ceramiche di grande dimensione, le meravigliose forme dei nannofossili, organismi monocellulari dotati di scheletro, che accumulandosi nei mari per milioni di anni hanno dato luogo alle argille azzurre, presenti nella zona di Faenza. Le opere sono state collocate in due luoghi particolarmente significativi per la ricerca, il Museo di Scienze Naturali Malmerendi e il Museo Carlo Zauli dedicato all’omonimo ceramista.

L’approccio metodologico di tipo scientifico si sostanzia ulteriormente nel ricorso alla consultazione degli archivi, raccolte sistematiche di informazioni su particolari argomenti e periodi, che rappresentano dei veri e propri depositi temporali, perché essi parlano di fatti accaduti in un dato momento e possono rimandare ad ulteriori tempi. Ciò è stato evidente nella realizzazione della mostra “To identity” con cui l’artista si è interrogata sulla storia della Casa dell’Architettura di Roma, a partire dalla sua origine come acquario e mercato del pesce, concepito dall’imprenditore comasco Pietro Garganico. Per questo progetto ha fatto ricorso all’Archivio Capitolino, che ha il compito di conservare e rendere consultabile tutto il materiale prodotto dall’amministrazione del Comune di Roma-Roma Capitale. Attingere ad un archivio vuol dire portare alla luce informazioni, far emergere tempi nascosti, alla pari di un ritrovamento archeologico o della scoperta di uno strato del terreno che può darci informazioni su un periodo della nostra Terra e sulla nostra evoluzione.

Spazio e tempo, pertanto, si intrecciano continuamente nel lavoro di Barbara De Ponti, l’uno si trasforma nell’altro, l’uno a volte sembra prendere la prevalenza sull’altro tanto da doverci chiedere se è l’esperienza dello spazio che determina la nostra percezione del tempo o viceversa è l’esserci, cioè la nostra esistenza temporale, a dare ragione dello spazio? Domande a cui non è possibile dare una risposta univoca e a cui differenti discipline possono dare risposte diverse. In conclusione, se è convinzione comune che i fenomeni ambientali siano troppo complessi o si svolgano su una scala temporale troppo ampia per essere compresi, Barbara De Ponti vuole dimostrarci che l’arte e la scienza possono aiutarci a illustrarli e renderli comprensibili.

  • Barbara De Ponti, Clay Time Code, Museo Civico di Scienze Naturali Malmerendi, 2016-1, ph Maki Ochoa
  • Barbara De Ponti, To Identity, 2015, interno
  • Barbara De Ponti, To Identity, 2015, Processo come Progetto, Conferenza ex Acquario Romano
  • Barbara De Ponti, Forma Mentis, Novum Locus Amoenus 1, Time Code, grafite su carta, 2017, Viasaterna
  • Barbara De Ponti, La luce naturale delle stelle c , led e sound, 2010. ph Russotti
  • Barbara De Ponti, To Identity, 2015, allestimento. ph Luca Milan
  • Barbara De Ponti, La luce naturale delle stelle b , led e sound, 2010. ph Russotti
  • Barbara De Ponti, To Identity, Matrice, incisione fotografica su rame, 2012-2015
  • Barbara De Ponti, La luce naturale delle stelle d , led e sound, 2010. ph Russotti
  • Barbara Deb Ponti, Forma Mentis, Process 1,2,3, Time Code, grafite su carta, 2017, Viasaterna
  • Barbara De Ponti, Clay Time Code, Museo Civico di Scienze Naturali Malmerendi, 2016-2 ph Maki Ochoa

Abstract

For Barbara De Ponti Art must be inspired by Science

The work of Barbara De Ponti (Milan-1975) has focused, so far, on the great themes of space and time and has been realized in a series of important events such as “Planning Costellation” (2009), “Speaking Things” (2009), “La luce naturale delle stelle” (2012), “To identity” (2015), “Clay Time Code” (2016) and “Forma mentis” (2018). For her today it is necessary to make human beings aware of their position and their responsibilities in climate and environmental change, but in order to simplify and make comprehensible complex issues, Art must be understood as research and the artist as a researcher who, on the major themes, seeks the answers in science and scientists seeking collaborations with specialists and drawing on archives.


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