Le “Teste di cavolo” di Serena Vestrucci e la metamorfosi di cui abbiamo bisogno


(Tempo di lettura 5 minuti)
Serena Vestrucci-Testa di cavolo-2021-bronzo-quattro mesi-dimensioni variabili

A Milano c’è un campo di teste di cavolo. Si trova alla Galleria Renata Fabbri arte contemporanea dove è stata allestita la mostra Fioritura di Serena Vestrucci (Milano-1986). Sul pavimento bianco delle due stanze al piano terra giacciono dodici Teste di cavolo, sculture in bronzo ricavate dal calco a grandezza naturale di sei tipi di questo ortaggio (cavolo rosso e cappuccio, broccolo, cavolfiore, verza, cavoletti di Bruxelles) su cui appaiono teste umane, di bambino, di donna o di uomo con espressioni tristi e rassegnate, stupite della loro condizione attuale. Come teste rotolate dopo il passaggio di una furia iconoclasta, ora stanno a terra, immote e abbandonate, con lo sguardo rivolto a un punto ignoto dove forse trovano memoria di una gloria passata o da cui cercano aiuto, ansiose di raccontare la loro storia. Al piano seminterrato della galleria ci sono altre due installazioni, Fioritura e Batter d’occhio di cui non parlerò ma che trovate tra le immagini.

Serena Vestrucci si è diplomata all’Accademia di Brera e ha completato i propri studi allo IUAV di Venezia dopo l’assegnazione di una residenza-studio presso gli atelier della Fondazione Bevilacqua La Masa e ha al suo attivo un lungo elenco di mostre. Nel 2017 si è, inoltre, aggiudicata il Premio Cairo. Le sue opere traggono spunto dalla vita quotidiana, da oggetti o situazioni individuati nel corso di un otium domestico scosso da un’improvvisa folgorazione che vengono isolati dal loro contesto e trasferiti in un diverso campo d’azione attraverso giochi linguistici e pratiche trasformative che ne fanno altro, sorprendendoci per il nuovo significato che finiscono per assumere. Scorrendo il catalogo dei suoi lavori si resta colpiti dal gioco di rimandi tra titolo e risultato materiale della trasformazione che compongono entrambi l’opera, dato che l’uno non potrebbe esistere senza l’altro. Osservando Trucco, Ritagli di tempo, Strappo alla regola, Anellini fritti per sempre, Notte in bianco, Il momento in cui prima o poi si comincia a leccare per andare avanti, Chi riempie paga e i cocci sono suoi, si constata che Vestrucci fa un uso accorto di figure retoriche come enfasi, allusioni, metafore, doppi sensi, ellissi, grazie a cui il titolo, rivelando un nuovo significato, ottiene la forza di un marchio che si rivolge a una comunità che è in grado di inferire da questo le informazioni che sono presupposte.

Nel caso delle Teste di cavolo, Vestrucci prende le mosse dalla vasta presenza di questo vegetale nelle nostre espressioni della vita di tutti i giorni, che ne fanno, in un certo senso, il re dei modi di dire in senso negativo. Fare una cavolata, cavoli amari, cavoli a merenda, farsi i cavoli propri, sono frasi che usiamo tutti i giorni per designare delle situazioni i cui noi e altri possiamo venire a trovarci. Non si sa perché questo ortaggio abbia assunto connotazioni sfavorevoli, il cavolfiore nei sogni viene interpretato come simbolo di tristezza o sfortuna anche se l’infuso di foglie sembrava potesse avere capacità afrodisiache. Non dimentichiamo infine, che i bambini si trovavano sotto i cavoli, forse perché questo vegetale sferico, spunta dalla madre terra come la testa di un neonato dal corpo materno.

Questa volta però il risultato dell’intervento di Vestrucci non è ironico e terminato l’effetto di sorriso che il titolo ha su di noi, ci accorgiamo che le Teste di cavolo hanno una capacità e una validità autoespressiva che non ha bisogno necessariamente del rimando al titolo. Oltretutto esse sono nascoste sotto un titolo più ampio, quello di Fioriture che rimanda al ciclo vitale di cui umani e vegetali sono partecipi. Esso, infatti, da un lato esprime il momento di massimo rigoglio e bellezza di una pianta, che nel nostro caso corrisponde con la comparsa della parte commestibile, ma anche il momento della degenerazione e del decadimento dato che lo stesso termine viene impiegato per indicare il manifestarsi di processi degenerativi, come la comparsa di macchie sulla carta o il formarsi di velature o di infiorescenze sui liquidi, come vino e aceto.

  • Serena Vestrucci, Testa di cavolo, 2021, bronzo, quattro mesi. Courtesy l’artista e Renata Fabbri arte contemporanea, Milano. Foto di Alberto Fanelli
  • Serena Vestrucci, Testa di cavolo, 2021, bronzo, quattro mesi. Courtesy l’artista e Renata Fabbri arte contemporanea, Milano. Foto di Alberto Fanelli
  • Serena Vestrucci, Fioritura, 2021. Veduta della mostra presso Renata fabbri arte contemporanea, Milano. Courtesy l’artista e Renata Fabbri arte contemporanea. Foto di Alberto Fanelli
  • Serena Vestrucci, Testa di cavolo, 2021, bronzo, quattro mesi. Courtesy l’artista e Renata Fabbri arte contemporanea, Milano. Foto di Alberto Fanelli
  • Serena Vestrucci, Fioritura, 2021. Veduta della mostra presso Renata Fabbri arte contemporanea, Milano. Courtesy l’artista e Renata Fabbri arte contemporanea. Foto di Alberto Fanelli
  • Serena Vestrucci, Testa di cavolo, 2021, bronzo, quattro mesi. Courtesy l’artista e Renata Fabbri arte contemporanea, Milano. Foto di Alberto Fanelli
  • Serena Vestrucci, Batter d’occhio (dettaglio), 2021, battiti di ciglia su carta, tempera, tre mesi. Courtesy l’artista e Renata Fabbri arte contemporanea, Milano. Foto di Alberto Fanelli
  • Serena Vestrucci, Teste di cavolo, 2021, bronzo, quattro mesi. Courtesy l’artista e Renata Fabbri arte contemporanea, Milano. Foto di Alberto Fanelli
  • Serena Vestrucci, Testa di cavolo, 2021, bronzo, quattro mesi. Courtesy l’artista e Renata Fabbri arte contemporanea, Milano. Foto di Alberto Fanelli
  • Serena Vestrucci, Fioritura, 2021. Veduta della mostra presso Renata Fabbri arte contemporanea, Milano. Courtesy l’artista e Renata Fabbri arte contemporanea. Foto di Alberto Fanelli

Accade così che il risultato non sia scevro di una certa tragicità consona oltre che al tema anche al materiale scelto per il suo svolgimento, il bronzo, idoneo a sottolineare la permanenza nel tempo e il rilievo dell’argomento. Le teste divengono quindi vestigia di un tempo passato, processo metamorfico in atto che ci pone domande sui personaggi il cui corpo è in corso di trasformazione e di cui possiamo trovare un’interpretazione nelle Metamorfosi di Ovidio. In primo luogo, vi riscontriamo la rappresentazione della natura in cui esseri umani e mondo vegetale sono compenetrati e in cui il passaggio da un regno all’altro del mondo naturale è assolutamente normale. Nella metamorfosi, inoltre, chi viene mutato non muore completamente ma esiste nel nuovo essere in cui si è trasformato e la natura si umanizza dandoci la possibilità di vedere, in piante, animali e sassi una vita umana ma anche la manifestazione del divino. Come la fioritura, del resto, la metamorfosi è anch’essa un fenomeno che ha una doppia valenza perché parla di morte ma anche di vita poiché l’essere che viene trasformato per premiare un suo atto eroico, per rimediare una sua infelicità o per punire una sua colpa, continua a vivere, dato che tutti gli esseri hanno il diritto di restare al mondo. Inoltre, per venire ad un’altra opera in cui è sempre possibile trovare dei riferimenti, come per i giganti descritti da Dante Alighieri nel XXXI canto dell’Inferno, e che erano infissi nel terreno fino alla cintola, forse sotto il viso delle creature nascoste tra le varie specie di cavolo, ci sono dei corpi che sono rimasti nascosti al nostro sguardo e che potrebbero dirci di più sulla loro vita.

In conclusione, se Serena Vestrucci voleva colpirci con uno dei suoi abili giochi linguistici questa volta è andata ben al di là del trasfondere oggetti di uso quotidiano, come questi alimenti, in un contesto artistico. Volontariamente o meno ha finito per incontrarsi con un grande tema a metà strada tra i miti e la realtà odierna, con quello della necessità di divenire tutti noi più vegetali, di accettare una nostra metamorfosi, non per intervento divino ma per scelta meditata e volontaria, divenendo un po’ più cavoli e meno teste di cavolo.

Abstract

In Milan there is a field of cabbage heads. It is located at the Renata Fabbri Contemporary Art Gallery where was set up the exhibition Bloom by Serena Vestrucci (Milan-1986). On the white floor of the two rooms on the ground floor, there are twelve cabbage heads, bronze sculptures made from the life-size mold of six types of cabbage (red cabbage and hood, broccoli, cauliflower, cabbage, Brussels sprouts) on which appear human heads, of a child, of a woman or of a man with sad and resigned expressions, astonished by their present condition. Perhaps unconsciously, the artist deals with a great theme halfway between myths and today’s reality, that of the need to become all of us more vegetal, to accept our metamorphosis, not by divine intervention but by deliberate and voluntary choice, becoming a little more cabbage and less cabbage heads.


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