Il sogno alchemico affiora ancora nella lavorazione dei metalli della De Castelli  


(Tempo di lettura 9 minuti)
De Castelli-Biomorphic-PH Alberto Parise

Un lungo filo lega l’evoluzione dei metalli nella nostra storia, percorsa dal mito di Vulcano (Efesto per i Greci), dai bui laboratori dei fabbri, passando per quelli degli alchimisti, fino agli show room alla moda dei nostri giorni. È una storia che riguarda il loro colore e la loro forma, perché i processi di lavorazione abbracciano questi due aspetti. Anche gli artisti hanno contribuito allo sviluppo del loro impiego, sicuramente con le loro sculture o con le matrici grafiche ma anche immaginandone i volumi, le texture, i colori che essi potevano assumere. 

Nella bottega dei fabbri doveva esserci poca luce per dare loro modo di valutare i colori che si sarebbero mostrati nella lavorazione, inoltre, essa era piena di polvere dovuta al carbone che era sulla forgia o del nerofumo della fiamma che si depositava dappertutto, anche sul corpo di chi lavorava. I colori comparivano improvvisamente durante il riscaldamento del metallo prima il rosso, poi l’arancione, il giallo e il bianco e poi durante l’operazione della tempera, con cui si dava al metallo la giusta durezza in relazione all’uso che si doveva fare dell’attrezzo a seconda che si trattasse di un’accetta, una zappa, uno scalpello o altro. La scala della durezza è espressa dai colori dell’iride e quanto più il colore dell’acciaio rovente si avvicina al colore indaco o violetto è bassa mentre, man mano che il colore si avvicina al bianco, la durezza diviene sempre più alta. La maestria del fabbro nel dare la giusta tempera ad un attrezzo era quella di conoscere a priori il grado di durezza ottimale ovvero conoscere il colore di riferimento. Per effettuare il procedimento si riscaldava tutta la parte da temperare nel carbone ardente e una volta raggiunta la giusta temperatura, ovvero quando questa diventava rossa, la si immergeva per una frazione di secondi in acqua. A quel punto compariva l’iride, che però poteva non essere uniforme, perché si trovavano tracce di color viola in certe zone, tracce di arancione in altre, tracce di bianco in altre ancora. L’obiettivo da raggiungere era quello di uniformare la colorazione lungo tutta la parte tagliente. Per fare questo, si facevano scendere piccoli rigagnoli di liquido dove era necessario, fino a quando il colore diventava uniforme e a quel punto l’attrezzo stesso veniva immerso per intero nell’acqua fino a farlo raffreddare completamente. (Ringrazio per questa descrizione il mio amico Luigi D’Angelo il cui papà, Santino, era un noto fabbro)  

Diego Velázquez – La Fucina di Vulcano (Museo del Prado – 1630)

Chissà se i fabbri avevano ancora memoria del mito di Vulcano, le cui fucine erano collocate all’interno dell’Etna e in altri crateri dove i ciclopi battevano con i loro martelli su enormi incudini provocando dei movimenti tellurici. Certamente il mito deve aver continuato a influenzare il pensiero di alchimisti e scienziati se lo stesso Isaac Newton, il grande fisico e matematico, riteneva che nel mondo sotterraneo avvenissero le trasmutazioni metalliche che si tentava di riprodurre in laboratorio perché era convinto che i metalli fossero in grado di germinare cioè di trasformarsi attraverso processi simili a quelli dei vegetali. Non era tanto la capacità di saper produrre armi o oggetti in metallo, ad impressionare gli antichi, quanto piuttosto quella di saper cambiare lo stato della materia passando da quello solido a quello fluido grazie al fuoco. Il cambiamento di stato non veniva però attribuito alle modifiche del movimento degli atomi ma alla presenza di qualche componente liquida dei metalli come il mercurio, liquido a temperatura ambiente, che poteva essere isolata in laboratorio ed unita ad altri metalli per formare nuovi composti.  Le conoscenze degli astri, della natura e all’interno di questa dei metalli, del corpo umano, si univano in un quadro unico in cui si stabilivano relazioni e corrispondenze tra pianeti, parti del corpo e metalli per ricavarne regole e procedimenti che miravano ad ottenere benefici per l’essere umano, come la ricchezza o la longevità. I principali procedimenti alchemici riflettevano comunque il desiderio umano di tendere verso la prosecuzione dell’esistenza, ricercando i principi che potevano aiutarne la realizzazione come messo ben in evidenza da Carl Gustav Jung nei suoi Studi sull’Alchimia. All’inizio la materia è un insieme confuso, un caos, chiamata anche Nigredo, all’interno del quale si trova il mercurio. Successivamente dall’unione degli elementi opposti nasce l’Albedo, paragonato al sorgere del sole o alla luna piena, “una sostanza bianca considerata come principio femminile senza macchia”. L’ultima fase dà luogo al Rubedo, “in cui la luna si congiunge al sole, l’argento all’oro, il femminile al maschile.”  

Giovanni Stradano – Il laboratorio dell’alchimista – studiolo di Francesco I – 1570

Con la progressiva separazione della scienza dall’alchimia, è toccato all’arte il compito di mantenere questo rapporto. Molti artisti del Rinascimento hanno impiegato processi alchemici per mettere a punto le loro tele e i loro colori oppure hanno inserito testimonianze alchemiche nelle loro opere. Per tutti si prenda ad esempio il Parmigianino che nel ritratto del Conte Galeazzo Sanvitale avrebbe inserito alcuni riferimenti alchemici (la moneta nella mano destra del Conte). Gli artisti però hanno continuato ad impiegare i metalli che erano appunto stati considerati come elementi del mondo nascosto e quindi certamente la scultura e anche la grafica, per certi versi, possono essere considerati più vicini a questo mondo. Anche gli artigiani del ferro e dei metalli hanno compiuto un percorso parallelo seppure la loro progressiva trasformazione in produttori li abbia allontanati dalla sperimentazione artistica portandoli alla ripetizione e standardizzazione della loro attività. 

Un’artista che ha portato avanti una lunga sperimentazione sui metalli e sui colori che si ottengono con la loro trasformazione è Alessandra Angelini, di cui si è da poco conclusa la mostra intitolata Metallo- Trasformazione-Colore realizzata assieme al poeta Gilberto Isella e svoltasi alla Libreria & Galleria Art… on Paper di Lugano dal 26 maggio al 28 giugno di quest’anno. Nel corso di questa esposizione la Angelini aveva presentato numerose opere realizzate con differenti tecniche e in particolare il libro d’artista Coreografia di metalli e la trilogia PASSAGGIO/ Nigredo. Albedo. Rubedo. composta da tre libri oggetto in forma di cubi. “La mostra racconta un viaggio attraverso metalli e colori che conducono in senso metaforico verso l’esperienza che in vita facciamo tra conoscenza (scienza) – certezza e sogno, tra immaginazione e incertezza, scoprendo che non esiste linea di demarcazione tra questi mondi.” Per la Angelini l’alchimia è un concetto filosofico più che esoterico che attraversa il rapporto tra essere umano, tecnica e natura continuando a influenzare la ricerca scientifica e quella artistica. il colore è il risultato esterno delle manipolazioni compiute sui metalli mediante l’impiego di particolari prodotti acidi o reagenti e il loro incontro con la luce, che è anch’essa un fattore di vita e di coscienza, nel momento in cui si incontra con la nostra luce interiore. Il libro Coreografia dei metalli, realizzato nel 2020, contiene le poesie di Gilberto Isella dedicate a: alluminio, rame, piombo, cesio, oro, illustrate con delle incisioni della Angelini su lastre di plexiglass stampate con inchiostri misti, progettati in maniera alchemica su fogli metallici intesi come base riflettente per creare l’illusione del colore – luce metallico, con tutte le emozioni che la poesia racconta.

Coreografia di metalli – Poesie di Gilberto Isella – Incisioni e un testo di Alessandra Angelini –
Vicenza 2020

La trilogia PASSAGGIO/ Nigredo. Albedo. Rubedo. formata da tre piccoli libri d’artista, presentata assieme, è invece esplicitamente intitolata ai tre stati alchemici della materia e consiste sempre in testi poetici di Gilberto Isella e opere grafiche dell’artista. 

PASSAGGIO/ Nigredo.Albedo. RubedoTrittico – Design e incisioni Alessandra Angelini Testi Gilberto Isella Paste materiche e carborundum su carta di gelso e lamine metalliche impresse dall’artista – Legatoria Monia Pavone e Angela Penna Milano, 2023

Torniamo adesso ai fabbri o meglio alla loro evoluzione, così come si è realizzata con un’originale unione tra l’esperienza artigianale e quella industriale, portata avanti da alcuni anni dalla De Castelli di Crocetta del Montello (TV), operante nel settore degli arredi e complementi d’arredo in metallo, di proprietà della famiglia Celato e che ho avuto l’opportunità di conoscere da vicino. Fino agli anni Settanta, Aldo, il papà di Albino Celato, l’attuale proprietario, era un fabbro che aveva proseguito nell’attività di suo padre e di suo nonno e che realizzava utensili per l’agricoltura. Dopo un viaggio a Borgo Valsugana, territorio noto per la lavorazione del rame e dell’ottone, abbinò al ferro, cosa allora insolita per un fabbro, questi due metalli e iniziò ad acquisire lavori in conto terzi, sviluppando l’azienda con l’introduzione di una serie di nuove lavorazioni. Si tratta di un passaggio importante che non si realizzò in altri luoghi del nostro paese in cui l maggior parte degli artigiani restarono invece legati alla tradizionale separazione tra fabbri e rama o in cui molti insegnanti di arte dei metalli degli istituti d’arte diedero luogo alla realizzazione di oggetti di artigianato artistico in lamiera di ferro o di rame sbalzato e smaltato che però non conobbero un’evoluzione in rapporto con il design.

Aldo Celato in una foto d’archivio al centro in alto

Negli anni Novanta, suo figlio Albino propose di iniziare una produzione e vendita diretta di complementi di arredo con la collaborazione di alcuni designer, dando inoltre luogo ad un lavoro di studio e di ricerca sulla lavorazione e il comportamento dei metalli con cui è riuscito ad ottenere effetti prestazionali e cromatici di grande novità e bellezza. La De Castelli si è prefissa il difficile compito di far rivivere la passione per i metalli, perché è certo che questa passione, almeno qui in Italia si sia molto ridotta e con essa forse è svanito tutto il mondo magico, alchemico che si legava ai metalli, al fuoco, alla fiamma, che si sprigionava dal carbone o dalla fiamma ossidrica. Per questo essa presenta fin dall’ingresso in azienda, nel corridoio che porta alla zona di attesa, la parete della tradizione, dove sono raccolti gli oggetti realizzati, dai suoi predecessori a fianco alla materioteca dove sono esposte le nuove finiture. Ed ecco allora che sia i prodotti che la loro presentazione ravvivano quel mondo. Per esempio, con la serie Biomorphic,  grazie, cito dal catalogo che la presenta, “a un lungo lavoro di ricerca sulle tecniche di battitura e di martellatura di fine ‘800, grazie anche all’ausilio di rarissimi macchinari, si giunge a una deformazione controllata dei materiali con cui si ottengono linee curve e sinuose, con una lavorazione organica della materia, che si traduce in effetti unici e irripetibili in un percorso in cui uomo e materia sono in perfetto equilibrio. Rame, ottone e acciaio raccontano una nuova dimensione di spiritualità, materiali che l’azienda trasforma ormai da quattro generazioni ma che sono ancora oggi fonte di bellezza, stupore, fascino e magia”.  

De Castelli-MDW2022_Biomorphic-PH Alberto Parise-5

Con la collezione  Erosion si sono applicate delle tecniche di morsura tipiche della grafica, utilizzate in modo controllato per ottenere delle texture dall’aspetto disomogeneo ed ispirate all’azione del tempo.

Erosion on copper

Con le finiture Gliphé si ottiene il risultato delle lavorazioni tradizionali, sottoponendo l’ottone a processi di ricottura e interventi di fiammatura a cannello manuale che rendono malleabili i metalli sottoposti poi a battitura e compressione a cui seguono fase di ossidazione e lucidatura spazzolatura e levigatura, di fronte alle quali si resta impressionati per l’artigianalità e l’unicità che esprimono e che lasciano pensare a reperti su cui sono stati incisi i segni del tempo e riportati a nuova luce.  

DeGliphé finishes

La protezione dell’artigianalità si salda con una visione moderna dell’impresa. Per Albino Celato, la De Castelli è un’azienda unica che non fa parte di nessun settore, che tratta materiali che esistono da sempre ma su cui bisogna effettuare continuamente ricerca secondo il binomio attivazione e conoscenza, legando manualità e alta tecnologia, qualità e know how per il design. Grande cura viene data alle risorse umane, di diversa generazione e provenienza e che assommano capacità manuali e conoscenza delle nuove tecnologie e a una serie di valori come creatività, capacità, pulizia, organizzazione, felicità, che presidiano lo sviluppo. Avendo incontrato Albino Celato e sua figlia Francesca e trascorso del tempo con loro in un confronto appassionato, posso dire che non si tratta solo dei testi di un abile copy o dei suggerimenti di un consulente di strategia perché essi scaturiscono da un’autentica passione, nel ricordo e nel rispetto della tradizione, dalla ricerca continua per ripeterne gli effetti e crearne di nuovi.  

Per convincere i clienti che i metalli sono da scegliere la De Castelli insiste quindi sull’acquisto non solo di un prodotto ma di un valore, di una ricerca, di un’emozione. I materiali della De Castelli pur non essendo preziosi brillano e sono in grado di suscitare quel sentimento che cercavano gli alchimisti, quello di arrivare a un metallo prezioso, che rispecchiasse il sole. 

The alchemical dream still emerges in metalworking at De Castelli

A long thread links the evolution of metals in our history, crossed by the myth of Vulcan (Hephaestus for the Greeks), from the dark workshops of blacksmiths, through those of alchemists, to the sparkling show rooms of our day. It is a story about their color and shape, because the processing processes embrace these two aspects. With the progressive separation of science from alchemy, it was up to art and high craftsmanship to maintain this relationship. At De Castelli in Crocetta del Montello the alchemical dream of the transmutation of metals resurfaces.


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