Sulle tracce della terra: dal Museo delle ceramiche Acerbo di Loreto Aprutino a Castelli e a Castelbasso


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Vaschetta Frigidaria con scene della vita del Re David- Bottega Grue – Seconda metà del XVII secolo – Museo Acerbo delle ceraniche di Castelli – Foto Michael Kenna

La ceramica sta vivendo in Italia un momento molto felice, dovuto anche allo sviluppo di una maggiore sensibilità ambientale che avvicina il pubblico a questa espressione artistica, come testimoniato anche dal successo di alcune iniziativa come TMD2020 e la mostra di Maria Cristina Carlini, svoltesi a Milano. A tale proposito, durante il mese di agosto, chi avesse voluto avrebbe potuto compiere, in un solo giorno, un viaggio attraverso lo sviluppo della ceramica italiana, visitando il Museo Acerbo delle ceramiche di Castelli a Loreto Aprutino, il paese di Castelli e la mostra della Fondazione Malvina Menegaz “La forma della terra. Geografia della ceramica contemporanea in Italia”, svoltasi a Castelbasso in provincia di Teramo, tutte località site in Abruzzo a non eccessiva distanza tra di loro.

Il Museo Acerbo delle ceramiche di Castelli deve il suo nome al fondatore Giacomo Acerbo(1888-1965); uomo politico, docente universitario e massone che fu deputato e ministro, prima dell’agricoltura e poi delle finanze, durante il ventennio fascista. Il museo fu costituito nel 1957 negli attuali locali, appositamente progettati e realizzati per lo scopo e conta 570 pezzi, realizzati dai più famosi artisti castellani che coprono un periodo che va dal XVI al XX secolo, radunati dal suo fondatore attraverso l’acquisizione di collezioni preesistenti, in particolare quella del Marchese Diego Aliprandi De Sterlich, il “marchese volante”, cosiddetto per la sua passione per le gare automobilistiche, che la cedette per far fronte ai suoi continui bisogni di liquidità. Le opere, esposte in sei sale, rappresentano anche una storia del dipinto su ceramica perché, nella maggior parte dei casi, non sono le forme realizzate a predominare ma piuttosto le scene dipinte sui grandi piatti, sui vasi e le mattonelle o gli oggetti di uso comune. Io lo avevo visitato per la prima volta nel 1961, nel corso di una gita scolastica in prima elementare e ricordavo in particolare la grande “vaschetta frigidaria”, collocata in una teca al centro della quarta sala e raffigurante su tre dei sei lati momenti della vita del Re David, che è ancora, a mio avviso, l’opera più bella.

Da Loreto Aprutino a Castelli è sufficiente un’ora di macchina passando per Penne, Rigopiano e poi tagliando in orizzontale la montagna con la strada che passa sotto i ripidi pendii del Monte Camicia. Quando il paese vi appare di fronte, distribuito su un costone di roccia con la cortina delle case medievali, si fa fatica a pensare che esso sia stato uno dei centri più importanti della ceramica italiana e internazionale. Eppure, Castelli ha saputo fare uso delle sue risorse naturali a disposizione perché, come afferma l’artista Enzo Cucchi in una intervista apparsa sul catalogo della mostra di Castelbasso: “Tutte le tradizioni artigianali sono inevitabilmente legate al territorio. Se in un determinato luogo si sviluppa una grande tradizione ceramica (mi viene in mente Castelli) è perché quel luogo ha la giusta esposizione solare, la giusta ombra, i giusti ruscelli che scendono a valle, tutte caratteristiche che rendono la terra locale unica, e con le giuste qualità per poter modellare e cuocere delle ceramiche sopraffine”. Certo poi ci vogliono gli artisti e questi non sono una risorsa costante ma discontinua così come discontinua è stata la presenza di Castelli sulla scena dopo i vertici qualitativi toccati nel Cinquecento e nel Seicento. Purtroppo, il museo ospitato nei locali del Liceo Artistico F.A. Grue era chiuso ma, superata la serie dei negozi che vendono souvenir, pur se tutti di ottima fattura con i tipici fioracci e uccellini, sono entrato nella bottega storica dei De Simone e ho potuto visitarla. Mentre il figlio in una stanza ben illuminata dipingeva e decorava una serie di boccali destinati a un ristorante locale, il padre, in una stanza più buia, in cui sono ospitati due grandi bacili in pietra che contengono gli smalti, preparava il forno per la cottura, disponendo i pezzi e i refrattari in modo da ottimizzare lo spazio disponibile. Il laboratorio si affaccia con la stanza posteriore e un terrazzo sul pendio del paese, un luogo ideale per riflettere e meditare sul lavoro che si sta svolgendo.

Lasciato Castelli, con un’altra ora, sono arrivato a Castelbasso, un piccolo borgo di fronte alla catena del Gran Sasso, dove da alcuni anni la Fondazione Malvina Menegaz realizza un intenso programma estivo di eventi artistici. La mostra di quest’anno: “La forma della Terra. Geografia della ceramica contemporanea in Italia”, a cura di Simone Ciglia, ricostruiva la mappa dei centri di produzione della ceramica italiana, come Albisola, Faenza, Castelli, Deruta ed altre, attraverso le opere che importanti artisti avevano realizzato in collaborazione con laboratori di quei luoghi. Essa però dava anche conto dell’evoluzione della ceramica e soprattutto, se si confrontano queste opere con quelle della collezione Acerbo e con quelle di Castelli, dell’avanzamento della forma sul dipinto e della ceramica come scultura. La mostra culminava nella grande opera “Modellare l’acqua” di Mario Airò, creata appositamente per la mostra con il laboratorio dell’Arte Ceramica Italiana e alcuni collaboratori locali, grazie a un bando dell’Italian Council. Dopo aver realizzato in passato numerosi progetti con al centro l’acqua come “Fontana” e “Acqua Tonica”, l’artista ha affiancato a questa la ceramica, come se essa potesse rappresentare l’equivalente dell’acqua in scultura, i suoi movimenti e ”i microflussi che interessano luoghi come greti di fiumi e torrenti, i sassi e le cavità che lo abitano, sagomando e modellando lo scorrere del liquido. ”L’artista ha quindi progettato un corso d’acqua in cui l’elemento scorre su una serie di balzi in ceramica, come visibile dalle foto nella galleria. Il progetto si è articolato in più giornate, nel corso di alcuni mesi, in cui l’artista, dapprima ha preso familiarità con il patrimonio ceramistico castellano, per poi avviare, a partire da forme tradizionali, come piattini, scodelle e tazze, una serie di forme ondulate che evolvono i modelli originari. Individuati i temi decorativi si è passati alla decorazione e alla smaltatura e infine al montaggio per ottenere un’opera di grande potenza espressiva. L’insieme delle altre opere, realizzate da artisti del livello di Mimmo Paladino, Enzo Cucchi, Alberto Garutti, Ugo La Pietra, Stefano Arienti, solo per citare alcuni di loro, ha fornito inoltre una panoramica dello stato dell’arte ceramica italiana e dei suoi legami con il territorio.

  • Mario Airò - Modellare l'acqua - 2019/2020 (particolare)
  • Vaschetta Frigidaria - Bottega Grue - Foto di Michael Kenna
  • Veduta del Museo Acerbo delle ceramiche di Castelli - Foto di Michael Kenna
  • Mario Airò - Modellare l'acqua - 2019/2020 (particolare)
  • Mario Airò - Modellare l'acqua - 2019/2020

Abstract

On the trail of the earth: from the Acerbo Ceramics Museum in Loreto Aprutino to Castelli and Castelbasso.

Ceramic is experiencing a very happy moment in Italy, also due to the development of a greater environmental sensitivity that brings the public closer to this material, as evidenced also by the success of some initiatives such as TDM2020 and the Maria Teresa Carlini exhibition, held in Milan. During the month of August, anyone who wanted to could have done, in just one day, a journey through the development of Italian ceramics, visiting the Acerbo Museum of Castelli ceramics in Loreto Aprutino, the village of Castelli and the exhibition of the Malvina Menegaz Foundation “The shape of the earth. Geography of contemporary ceramics in Italyla”, held in Castelbasso in the province of Teramo, all locations located in Abruzzo not too far from each other.


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