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Il Pirelli Hangar Bicocca di Milano presenta due artisti del tutto diversi, per età, provenienza, appartenenza: Dineo Seshee Bopape (Polokwane, Sudafrica, 1981) fino al 29 gennaio 2023 e Bruce Nauman (Fort Wayne, Indiana, 1941) , fino 26 febbraio prossimo. La prima è una giovane artista che però ha già conquistato una certa notorietà a livello internazionale e di cui avevo parlato nell’articolo Quattro visioni dell’oceano e i 50 Mari di Mathieu Lehanneur. Il secondo è considerato uno dei padri dell’arte contemporanea, di cui viene qui presentata una retrospettiva che comprende tutte le sue opere iconiche. Per entrare nella mostra di Nauman è necessario però attraversare quelle di Bopape e, anche se la si volesse superare di corsa, entrando nel grandissimo spazio riservato a Nauman non potremmo non considerare di trovarci di fronte a opere sì completamente diverse ma, in un certo senso complementari perché, al di là dell’apparente differenza, entrambi gli artisti parlano dello spazio e della relazione tra questo e l’essere umano.
Dineo Seshee Bopape è interessata alla ricostruzione di uno spazio della memoria, personale e dell’Africa e costruisce delle narrazioni ricorrendo a forme archetipiche e impiegando materiali primari. Le sue opere prendono le mosse dalla storia dei popoli africani e affrontano di petto questioni come il colonialismo, lo schiavismo, la diaspora africana e i movimenti di liberazione che vengono descritte in modo non lineare ma attraverso una sovrapposizione di eventi, luoghi, ricordi che si accompagnano anche al suo percorso formativo in luoghi diversi del mondo. Nella sua visione lo spazio è qualcosa in cui si viene costretti o da cui si è scacciati a causa di qualcun altro. A partire dal 2015 Bopape decide di fare della terra il suo mezzo espressivo principale. Il titolo della mostra: Born in the first light of the morning (moswara’marapol) si riferisce nella prima parte ad un percorso di rinascita spirituale e nella seconda, che in lingua sepedi significa letteralmente “possessore di ossa”, all’allegoria dei minerali che trattengono i ricordi, cosicché la mostra unisce elementi tradizionali, storici e astrali nella composizione di un quadro presente.
Lo spazio espositivo ricostruisce quello che potrebbe essere un paesaggio con strutture abitative in cui si sono svolti avvenimenti di rilievo sociale e storico, con due grandi strutture circolari che richiamano le abitazioni tradizionali africane realizzate con terra e pietra e che ci portano indietro nel tempo. Alle loro spalle, nell’opera chiamata Lerole: footnotes (The struggle of memory against forgetting) del 2017, su muretti o fondamenta in mattoni, a volte pieni in modo da formare dei ripiani, sono depositate delle piccole sculture di colore diverso dell’impronta della sabbia contenuta in un pugno, riferimento al gesto che il dissidente politico sudafricano Robert Sobuwke era solito compiere durante la sua prigionia, come gesto di riconoscimento verso i suoi compagni, afferrando la terra in un pugno e lasciandola poi cadere lentamente a terra. Tutto attorno elementi naturali come argilla , carbone, ceramica, pigmenti ma anche incensi e piccoli giradischi che diffondono suoni di luoghi naturali. L’installazione è poi costellata di placche di legno che riportano eventi della resistenza nera alla conquista colonialista bianca dal 1450 al 1921. Sulla sinistra della sala, nell’opera Mabu,mubu,mmu, sa_ _ke lerole, (sa lerole ke_ _) del 2022, cinque grandi blocchi di terra che per Bopape sono: “elementi di commemorazione verso mia nonna, le storie del suo grembo e le terre su cui è cresciuta ma anche verso le altre donne…i cui corpi sono stati soggetti a esperimenti per le imprese scientifiche razziste dell’Occidente”.
Le opere di Bruce Nauman Neons Corridors Rooms invece, non si osservano ma si attraversano, perché è il corpo in relazione allo spazio ad essere il protagonista del suo lavoro. Formatosi in un periodo in cui si ricercava l’unione tra le diverse discipline artistiche come danza , musica, performance, video e fotografia, Nauman fa uso del corpo come strumento di ricerca. In questo contesto realizza nel 1968 Walk with Contrapposto, un video in cui si muove all’interno di un corridoio di soli 50 cm, realizzato nel proprio studio, impiegando la tecnica del Contrapposto o Chiasmo, usata per la prima volta dallo scultore greco Policleto per creare un senso di movimento della statua, attraverso una diversa postura delle due parti del corpo.
Probabilmente il corridoio del video sarebbe rimasto l’unico se la critica e storica dell’arte Marcia Tucker non lo avesse convinto a fare del corridoio un’opera autonoma con il titolo di Performance Corridor (1969), il primo di una serie di molti altri, di cui i più importanti sono presenti in mostra.
Negli anni successivi realizzerà corridoi e stanze in cui l’esperienza fisica e la sensazione di difficoltà nell’entrarvi e muoversi è aumentata dall’uso di tubi al neon colorati. Il neon però è impiegato, grazie alla sua versatilità anche per realizzare i suoi esperimenti sul linguaggio. Sulle pareti delle navate campeggiano alcune delle sue opere realizzate con tubi colorati: The True Artist Helps the World by Revealing Mystic Truths del 1967 oppure My Name as Though It Were Written on the Surface of the Moon del 1968 ma anche One Hundred Live and Die del 1984.
É come se l’atteggiamento nei confronti della luce al neon fosse ambivalente dato che essa, se da un lato è associata alla vita moderna per fornire visibilità e pubblicità ai negozi e per ben illuminare i luoghi di lavoro, dall’altro può dare luogo a sensazioni di fastidio se impiegata in una gamma cromatica non abituale in un certo contesto o se essa non può venire spenta quando la nostra vista è stanca. Nauman quindi, pur a partire dai grandi spazi del territorio americano in cui è nato e vive, si fa portatore del disagio umano che si sviluppa all’interno di confini sempre più soffocanti, quelli dell’abitazione o degli uffici e in cui l’unico strumento espressivo che rimane all’essere umano è il proprio corpo.
Le due mostre così, pur nelle enormi differenze tra i due artisti, sono felicemente accostate e procedono appaiate nella considerazione dell’ambiente umano, dello spazio di vita, attraverso un’espressione che si sviluppa necessariamente all’interno del contesto culturale e del periodo in cui ognuno di loro opera. Il disagio di Nauman sembra confinato nella sfera individuale e non approda mai alla valutazione dell’aspetto storico, Bopape al contrario immerge la sua riflessione nel flusso degli eventi in cui ogni aspetto personale, anche la sua vita, si bagna.
Abstract
The Pirelli Hangar Bicocca in Milan presents, almost simultaneously, two completely different artists, by age, origin, notoriety: the young but successful Dineo Seshee Bopape (Polokwane, South Africa, 1981) until 29 January 2023 and Bruce Nauman (Fort Wayne, Indiana, 1941), considered one of the fathers of contemporary art, until February 26 next. Works that are completely different but, in a sense, complementary because, beyond the apparent difference, both speak of the space and the relationship between this and the human being.